sabato 30 gennaio 2021


QUALCHE RIFLESSIONE SULLA CRISI DI GOVERNO

In attesa di elementi che mi consentano di ragionare più a fondo su una crisi di governo che ha radici assai più lontane e profonde di quelle che ci restituisce il chiacchiericcio mediatico delle ultime settimane, anticipo qui di seguito le impressioni a caldo che ho pubblicato sul mio profilo Facebook  

La parabola dell'ineffabile Renzi giunge a compimento con l'incarico "esplorativo" a Fico, da lui caldeggiato, che segue di pochi giorni il suo viaggio in Arabia Saudita, nel corso del quale il nostro ha manifestato in tutto il suo splendore lo spirito reazionario, forcaiolo e antipopolare che ispira lui e la sua banda di sgherri. Come ha fatto, mi chiedo, questo figuro, che dopo essere assurto a liquidatore delle residue (ancorché pallidissime) tracce di sinistra nel PD, dopo avere incassato il corale NO del popolo italiano al tentativo di dare il colpo di grazia alla Costituzione del 48 (già martoriata dalla riforma del titolo V, dall'inserimento dell'81, ecc.), è precipitato a livelli di consenso che in caso di elezioni lo spazzerebbero via dal Parlamento, come ha fatto, ripeto, a pilotare la crisi in modo che se ne possa venire fuori solo: a) con un accordo che ne accolga tutte le istanze programmatiche (sì al MES, basta con l'assistenzialismo, via ai licenziamenti, "riapertura" del Paese a prescindere da quante decine di migliaia di morti costerà, visto che la famosa "salvezza" dei vaccini è di là da venire - anche perché quelli anglo-americani arrivano a sgoccioli e a quelli russi e cinesi è vietato anche solo accennare), b) con un governo istituzionale o "tecnico" che farà ancora peggio.

Bé, rispondere non è poi così difficile per chi abbia osservato con attenzione: 1) la tambureggiante campagna di stampa che negli ultimi tempi ne ha appoggiato il ruolo di liquidatore nei confronti d'un governo confusionario e pasticcione, ma soprattutto indigesto alle élite borghesi per le sue pur modeste, residuali velleità "populiste" e "stataliste", 2) la crescente insofferenza del PD, costretto a convivere con un alleato sovradimensionato in termini di numeri parlamentari ma non liquidabile attraverso il ricorso alle urne (in quanto ciò sarebbe non meno pericoloso per lo stesso PD) per cui si è preferito usare Renzi come guastatore (forse sottovalutandone la verve avventurista); 3) la progressiva liquefazione di un M5S ormai ridotto a un manipolo di peones senza visione né principi, disposti a giocarsi anche la mamma pur di tenere il proprio posteriore incollato agli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama. Al solerte Mastella è spettato solo il ruolo notarile (il personaggio non è in grado di giocarne altri) di prendere atto del piano ed eseguirlo in automatico.

Ciò detto, restano gli imprevisti di una situazione talmente caotica che non è da escludere la sia pur remota possibilità che si debba andare alle elezioni; resta la sofferenza di un Paese in ginocchio che paga il prezzo dello smantellamento del sistema sanitario operato da TUTTI i governi precedenti, senza distinzioni ideologiche, della de industrializzazione, dei tagli a salari, pensioni e welfare, della precarizzazione del lavoro; un Paese in cui la rabbia diffusa non può trovare espressione sia perché fatta di bisogni e interessi diversi, a seconda degli strati sociali e generazionali di appartenenza, e di forze politiche e sindacali che abbiano forza, capacità e voglia sufficienti per organizzarla. Restano, infine, i dubbi su certi serpeggianti segnali che lampeggiano sulle pagine dei grandi media e che ho segnalato nei giorni scorsi: gli stessi opinionisti ed esperti che per anni hanno attaccato a testa basta sovranisti e populisti per le loro reticenze ad adeguarsi alle direttive della Ue, improvvisamente cominciano a manifestare perplessità nei confronti di un'Europa che sembra prendere distanza dal dominus atlantico (firma di accordi con la CIna e con la Russia senza attendere il beneplacito Usa, tentativi di mettere in discussione l'egemonia del dollaro, ecc.).

Viene da pensare che, data per conclusa l'ondata populista con la liquidazione di Trump, e preso atto che l'Amministrazione Biden si appresta ad alzare il livello di scontro con Cina e Russia (linea poco gradita alla Germania che guida la Ue), una fazione dei poteri forti nostrani voglia scommettere su un ruolo dell'Italia che la veda agire da cavallo di Troia filoamericano per rafforzare dall'interno la pressione esterna che gli Stati Uniti eserciteranno sull'Europa per costringerla ad allinearsi sugli obiettivi della nuova guerra fredda. Se le cose stanno così, primo compito di una ipotetica sinistra da ricostruire sarebbe rilanciare con forza la parola d'ordine di rompere il quadro di alleanze che ha impedito a questo Paese di compiere qualsiasi reale passo avanti sulla via del progresso sociale e politico dalla fine dell'ultima guerra. mondiale

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