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giovedì 27 marzo 2025

MEMORIE DI ADRIANO

(l'irrisolvibile dilemma di Trump. Ovvero: 
come ridurre i confini dell'impero Usa senza dissolverlo) 

di Piero Pagliani


Ricevo e pubblico volentieri questo articolo dell'amico Piero Pagliani che tenta di analizzare lo a dir poco fluido scenario geopolitico globale che si prospetta dopo la sconfitta dell'Ucraina e il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Uno scenario che vede da un lato l'arduo tentativo degli Stati Uniti di porre fine a una guerra che loro stessi hanno provocato, dall'altro un'Europa sull'orlo di una crisi di nervi che vaneggia di riarmo. (ps. Il titolo è dell'autore il sottotitolo è mio) .

Carlo Formenti



Un busto dell'imperatore Adriano




Dopo un primo giro di dichiarazioni d'assaggio tra Usa e Russia (Usa: i negoziati sono iniziati. Russia: non ne abbiamo notizia. Usa: Putin accetterà la nostra proposta di tregua. Putin: non accetteremo nessuna tregua se non si eliminano alla radice i motivi della guerra, eccetera) si era arrivati all'accordo per un cessate il fuoco di 30 giorni che riguardava però solo le infrastrutture energetiche. Il Cremlino lo aveva evidentemente accettato pur di concedere uno spazio di manovra al nuovo inquilino della Casa Bianca (e al suo incoercibile narcisismo) per non indebolirlo all'interno e questa sospensione non cambiava nulla per la SMO (Operazione Militare Speciale) che andava avanti spedita.


Due giorni dopo ci avrebbe pensato Zelensky, imbeccato verosimilmente da Londra, il suo custode più stretto, a infrangere l'accordo bombardando un hub energetico in Russia ... ma di proprietà di compagnie statunitensi. Due giorni prima Steve Witkoff, il negoziatore americano, aveva annunciato che in Ucraina ci sarebbero state finalmente le elezioni presidenziali. Trump (il Trump collettivo, bisogna sempre pensare in questi termini) aveva capito che il cocainomane ucraino controllato su un lato dall'MI6 e sull'altro dai neonazisti locali doveva essere definitivamente estromesso dai giochi. 


Io penso che in quel momento Zelensky sia diventato veramente un “dead man walking”, come lo definisce l'analista militare russo-statunitense Andrei Martyanov: «Persone come lui vengono eliminate». Ne sono convinto da tempo, per un semplice motivo: sa troppe cose, conosce troppe schifezze e non si lascia in giro chi sa troppo ed è diventato inutile. 


Qui non esiste più nessun confine tra legalità e illegalità, tra proibito e ammesso. Nelle alte sfere dell'establishment statunitense e occidentale girano soldi e potere in misure colossali con un controllo democratico che da decenni è ridotto al lumicino. Tutti i caveat, i proviso, le limitazioni, le prudenze che negli affari politici ed economici erano stati posti nel primo decennio del dopoguerra (negli Usa ad esempio da Kennedy) sono stati via via elusi e infine ufficialmente smantellati. La finanziarizzazione ha concentrato i soldi e il potere nei caveau materiali e virtuali delle banche e nelle tastiere dei computer dei professionisti e dei beneficiari del casinò finanziario - che ha bisogno della protezione e della connivenza politica - spostandoli dalla materialità dell'industria e del commercio che era sottoposta in una misura variabile ma non nulla al controllo della materialità della lotta di classe (intesa in senso laico, non millenaristico), delle sue organizzazioni e delle istituzioni che influenzava, che ahimè si sono in poco tempo adeguate ai nuovi optimates rifugiatisi nel vaporoso empireo della sfera finanziaria.

Da che altro deriva la “società liquida” se non da questo?


Da noi i palazzi dell'Unione Europea sono i caveau della politica, lontani da sguardi indiscreti, inaccessibili alla democrazia (sostituita dal gioco delle lobby) e indifferenti alla realtà sociale.

La guerra, provocata come riconoscono da sempre personalità statunitensi così diverse come Noam Chomsky e Jeffrey Sachs e come oggi riconosce il Segretario di Stato, Marco Rubio (un falco, assolutamente non una colomba) e come riconosce persino la “bibbia” dei presidenti democratici, “The Hill”, ha riportato tutti a rifare i conti con la realtà, con la materialità delle cose, coi “fatti testardi” e ha ricordato con sgomento che gli elefanti della finanziarizzazione «possono volare ma non per molto tempo» come avvertiva Thomas Friedman [1].


La materialissima SMO ha continuato a travolgere in modo sanguinoso le linee di difesa dell'esercito  ucraino, spalleggiato, equipaggiato e finanziato dalla Nato. A questo punto si è cambiato gioco, si è passati al Bridge, con poste molto alte, e sono iniziati i giri di quella che in gergo si chiama “elicitazione”. Qui le dichiarazioni devono essere serie, perché servono a capire come sono distribuite le carte e le intenzioni dell'avversario. Nord-Sud vs Est-Ovest. Questa è la disposizione nel Bridge. Nel nostro caso è Nord-Ovest vs Est-Sud.


E così a Riad c'è stato un lungo incontro tecnico tra russi e statunitensi. Ripeto: tecnico, così come sono tecnicalità con qualche valore simbolico le tregue “umanitarie” (navi col grano naviganti per il Mar Nero, infrastrutture energetiche, cose che non influenzano la SMO).

Chi si aspettava una svolta o un effetto speciale non capisce come vanno queste cose e soprattutto non ha capito cosa c'è in ballo. E in ballo c'è il riconoscimento della vittoria russa che può avvenire solo se il Trump collettivo riesce per lo meno a immaginare un piano B. Un piano B che non è stato mai elaborato e, si badi bene, è di straordinaria difficoltà perché non riguarda solo l'accettazione delle condizioni russe ma obbliga a una rivoluzione interna, implica uno slittamento di paradigma, difficile da concepire, difficilissimo da attuare.


Cerco di spiegarmi.

Gli imperi devono salvaguardare le frontiere. Questa è stata da un certo punto in poi della loro espansione la preoccupazione principale. Con questa preoccupazione in testa l'imperatore Adriano passò molto tempo a girare in lungo e in largo le regioni lontane da Roma (lasciandoci in ricordo la stupefacente villa vicino a Tivoli), a consolidare le frontiere ed evacuare le province che non erano tenibili, come quelle al di là dell'Eufrate. Buon senso. Buon senso contro cui nel 118 cospirarono i guerrafondai di allora uccidendo i suoi generali Cornelio Palma e Lucio Quieto.


Oggi le cose sono ancora più complicate, perché un impero capitalistico deve espandersi sempre di più per non arretrare. Effetto “Alice oltre lo specchio”: correre sempre più forte per rimanere per lo meno fermi. Banalizzando potremmo parlare di legge dei rendimenti marginali decrescenti. Ma in realtà c'è molto di più, c'è la lotta per il potere, per il controllo dello spazio dell'economia-mondo e del tempo delle sue attività di produzione e di scambio (lo spazio-tempo di Einstein non c'entra nulla, per carità lasciamolo fuori).


Il presidente Trump



Trump quindi deve adattare gli Stati Uniti, una macchina imperiale gigantesca, a spazi e a tempi nuovi, in gran parte fuori dal loro controllo e non al servizio dell'accumulazione finanziarizzata statunitense e occidentale. E non è per nulla chiaro gli effetti che questo adattamento avrebbe sul resto del mondo, anche quello che si contrappone agli Stati Uniti. In linea di principio sarebbero positivi, ma in realtà non abbiamo nessuna teoria che ci possa guidare con qualche certezza e possiamo procedere solo per  approssimazioni.


Trump quindi non potrà essere un nuovo Adriano. Tuttavia anche lui è di fronte a un gravissimo problema di sovradimensionamento strategico, reso ormai esplicito dalle forze armate russe che obtorto collo, a causa della sfida statunitense, sono diventate le più potenti del mondo. Prima dell'invasione Putin ci aveva avvertito: “La Russia ha paura della guerra, ma è preparata a farla. L'Occidente non ha paura della guerra, ma non è preparato a farla”. Dovevamo riflettere su queste parole. Non abbiamo voluto farlo.


Trump non troverà la quadra ma dovrà guadagnare tempo quanto meno per capire cosa fare. Dovrà accettare un modus vivendi. Quanto durerà non è dato sapere. E avrà comunque a che fare anche lui con guerrafondai cospiratori (e la sua squadra non è molto preparata ad affrontarli: è disomogenea e non priva di ambiguità). Alcuni cospiratori sono negli Usa, gli altri sono in Europa. E per fortuna Starmer non può lanciare i suoi missili Trident senza il permesso degli Stati Uniti (vi ricordate quando l'ex premier britannica Liz Truss poco prima di essere nominata disse con un'incoscienza che lascia senza parole che sarebbe stata pronta a premere il bottone nucleare contro la Russia anche se ciò significava lo sterminio globale? [2]). 


I decisori europei si sono trovati improvvisamente di fronte a un dato di fatto: gli Stati Uniti sono una superpotenza, i suoi spazi e le sue possibilità di manovra sono immensamente più ampi di quelli della non-potenza europea, i cui interessi sono subordinati a quelli di Washington. Ecco allora il comportamento scomposto degli europei che unito alle personalità vuoi ciniche vuoi squilibrate dei suoi decisori, può condurre a esiti letali in un momento di caos sistemico.

A Riad si è iniziato a cercare di non trasformare in nucleare la terza guerra mondiale che è in corso e, statene certi, riprenderà qua o là, in una forma o in un'altra, per lungo tempo.


Così scrivevo su questo stesso blog nell'aprile del 2022, tre anni fa, a meno di due mesi dall'inizio della guerra e subito dopo che Biden e Johnson avevano fatto saltare gli accordi di Istanbul tra Russia e Ucraina uccidendo centinaia di migliaia di ucraini, decine di migliaia di russi e le speranze di tutti:

«Questa guerra o si trasformerà nell'olocausto nucleare o, come succede a tutte le guerre, finirà. Quando una guerra finisce si firma un trattato di pace e tra le ex parti nemiche iniziano proficui scambi economici o addirittura si alleano. Ma in questo caso non sarà così. Il conflitto durerà anni e anni, perché è epocale […]. Se anche gli Usa daranno il permesso a Kiev di trattare veramente con Mosca e si arriverà a una pace o a una tregua, il conflitto Est-Ovest rimarrà aperto. Ci sono mille modi e mille luoghi per continuarlo. Il mondo sarà sempre di più spaccato in due, perché questo è il progetto degli Stati Uniti, progetto a questo punto fatto proprio anche dalla Russia». 

Il gioco quindi è estremamente serio, per persone adulte. Non è adatto per bambini capricciosi che giocano coi bottoni nucleari.


L'Europa oggi deve perciò solo stare zitta e cercare di curare le brutte sbucciature che si è fatta sulle ginocchia, perché si stanno pericolosamente infettando e si rischia la cancrena. Va da sé che la classe politica europea non può farlo: è parte del problema, non può essere parte della soluzione.


Nell'articolo che ho citato, elencando la serie di difficoltà a cui sarebbe andata incontro l'Europa scrivevo: «Tra i pochi settori industriali in espansione spiccheranno quelli collegati all'industria delle armi. Lo stesso varrà per la ricerca». Era facile da prevedere, ma francamente non pensavo che saremmo arrivati, come invece sembra che si stia arrivando coi piani di finanziamento del ReArm Europe (o “Readiness 2030”), a una sorta di riedizione dell' “oro alla Patria”, ennesima riesumazione dai tempi bui che si aggiunge a una russofobia degna del Ventennio.


Un'altra considerazione di tre anni fa penso che continui a valere, e forse oggi ancora di più: abbiamo bisogno di un riposizionamento gestaltico che, solo, ci potrebbe fare agire per fermare questa Europa che corre verso il baratro e pretendere per prima cosa un patto globale di disarmoIn un mondo che per molto tempo rimarrà in uno stato di conflitto latente o conclamato, credo che sia l'unica prospettiva che abbiamo. O meglio, è l'unico modo per continuare ad avere una prospettiva.


Note


(1) Alan J. Kuperman, “Sadly, Trump is right on Ukraine”. The Hill, 18 marzo 2025 (https://thehill.com/opinion/5198022-ukraine-conflict-disinformation/). 


(2) John Pienaar (giornalista): “Significherebbe l'annientamento globale. Non le chiederò se lei premerebbe il pulsante, so che direbbe di sì, ma di fronte a quel compito io mi sentirei male. Come la fa sentire questo pensiero”. Liz Truss: “Penso che sia un dovere importante del primo ministro e sono pronta a farlo.” ( https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/liz-truss-nuclear-button-ready-b2151614.html  ).



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