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sabato 2 aprile 2022

SI SVUOTINO GLI ARSENALI


di Piotr


Ospito volentieri questo nuovo intervento dell'amico Piotr sulla guerra in corso. Anche se, questa volta, non mi sento di condividere al 100% ciò che scrive. Intendiamoci: non si può che provare empatia per il suo grido di dolore per l'idiozia criminale delle scelte dei governi europei, i quali si accodano supinamente al gioco mortale innescato da un'America disperatamente protesa a conservare il suo ruolo egemonico. Così come sono assolutamente d'accordo con la sua analisi delle cause di fondo - ricostruite a partire dalla lezione di Giovanni Arrighi - di quanto sta accadendo. Tuttavia, pur avendo a mia volta giocato più volte negli ultimi anni il ruolo di Cassandra nel prevedere la catastrofe imminente che (per chiunque fosse dotato di buon senso: non era necessario essere dei geni della geopolitica) era scritta nei fatti, e anzi proprio perché tutto ciò era razionalmente prevedibile, mi pare inutile appellarsi al buon senso (per non dire alla buona volontà!) dei responsabili per evitare il peggio. Piotr scrive che è sbagliato - ed economicista - attribuire tutto al keynesismo di guerra senza capire che una volta fabbricate le armi verranno anche usate. Il punto è che le due cose non sono in contraddizione: come ci ha insegnato Marx, la razionalità economica del capitale è intrisa di cupio dissolvi: quando è in crisi (e quanto più la crisi è grave) il capitale lotta per la sopravvivenza immediata costi quel che costi, il suo motto diventa dopo di me il diluvio o, se preferite, muoia Sansone con tutti i Filistei. Resta solo da sperare nell'unica fonte di razionalità che oggi il mondo abbia da offrire, che abita a Pechino, e che, in questa lotta mortale per sopravvivere, il capitalismo nella più folle incarnazione egemonica che abbia avuto nei suoi cinque secoli di vita - quella a stelle e strisce - commetta abbastanza errori per uscirne sconfitto. (Carlo Formenti)


“Svuotare gli arsenali, riempire i granai!” (Sandro Pertini)


«Poiché la Chiesa cristiana è stata fondata, rafforzata e ingrandita col sangue, ora, come se Cristo fosse morto lasciando i fedeli senza una protezione conforme alla sua legge, governano con la spada, e, pur essendo la guerra una cosa tanto crudele da convenire alle belve più che agli uomini, tanto pazza che anche i poeti hanno immaginato fossero le Furie a scatenarla, così rovinosa da portare con sé la totale corruzione dei costumi, tanto ingiusta da offrire ai peggiori predoni la migliore occasione di affermarsi, tanto empia da non avere nulla in comune con Cristo, tuttavia, trascurando tutto il resto, fanno solo la guerra. […] Né mancano colti adulatori, pronti a chiamare questa evidente follia zelo, pietà, fortezza, escogitando stratagemmi che permettono d’impugnare il ferro mortale e di immergerlo nelle viscere del fratello senza venir meno a quella suprema carità che secondo il dettato di Cristo un cristiano deve al suo prossimo.»

(Erasmo da Rotterdam, “Elogio della Follia”, 1511)


«[P]rima di soffocare (o respirare) nella prigione (o nel paradiso) di un impero mondiale postcapitalistico o di una società mondiale di mercato postcapitalistica, l’umanità potrebbe bruciare negli orrori (o nelle glorie) della crescente violenza che ha accompagnato la liquidazione dell’ordine mondiale della guerra fredda. Anche in questo caso la storia del capitalismo giungerebbe al termine, ma questa volta attraverso un ritorno stabile al caos sistemico dal quale ebbe origine seicento anni fa e che si è riprodotto su scala crescente a ogni transizione. Se questo significherà la conclusione della storia del capitalismo o la fine dell’intera storia dell’umanità, non è dato sapere.»

(Giovanni Arrighi “The Long Twentieth Century: Money, Power and the Origins of Our Time”, 1994)






Oggi giravo per la mia città pensando alle parole di Erasmo. E le parole di Erasmo mi hanno ricordato quelle che Giovanni Arrighi aveva scritto a sigillo del suo capolavoro proprio mentre eravamo ubriacati dalla Belle Époque della Milano da bere, pensavamo che la Storia fosse finita e si sproloquiava di “globalizzazione”, di “New Economy”, di “dot-com”, di magnifiche sorti e progressive. Nel mezzo di quella gigantesca movida, Arrighi avvertiva che il mondo stava andando verso il caos con la possibilità che prima incorresse in una guerra catastrofica. In pochissimi riuscirono a udirlo in mezzo al frastuono del rave party della globalizzazione e della finanziarizzazione. Io lo ascoltai, mi misi allora a studiare e a riflettere su materie che non amavo: la politica, l'economia, la geopolitica. Da allora aspettai con angoscia questo momento mentre speravo in cuor mio che non arrivasse mai, che ci fosse un ravvedimento, che sorgesse per via la libertà, il miracolo, il fatto che non era necessario. Avvertii anch'io del pericolo, coi pochi mezzi che avevo. Anche altri lo fecero. In pochi. Inascoltati. Ma dai! Che tesi curiosa! Sì, è interessante, ma senza fondamento. Eh eh, tutta teoria, solo teoria, eh eh, i grandi esperti non ci credono, non ne parlano e quindi non è vero, eh eh.


Già, gli esperti laureati che si muovono soltanto tra le piante dai nomi poco usati, non tra gli umili alberi dei limoni. Uomini che imbrigliano la realtà con formule che sembrano inoppugnabili ma sono intrise di ideologia, che sembrano asettiche, ma trasudano sangue e sporcizia da tutti i pori. Chiedetelo agli Ucraini se era solo teoria!


Tutto già noto, tutto già visto, tutto già scritto, tutto già denunciato. Tutto inutile. Giravo per la mia città e guardavo i negozi, le insegne delle aziende e dei negozi, le auto che andavano e venivano. Mai come in questo momento il mondo in cui viviamo mi è sembrato così privo di senso. Che l'uomo produca cose e che commerci i suoi prodotti è del tutto naturale. Com'è che da ciò si entra nel tunnel delle guerre? Secondo Fernand Braudel e Karl Polanyi il passaggio fatale è avvenuto quando le società con mercato sono diventate società di mercato.

E' stato un lungo processo verso l'innaturalità, verso quella condizione di alienazione dove solo le merci hanno rapporti sociali mentre gli uomini hanno rapporti mercificati. Il mercato domina l'uomo invece di esserne dominato e controllato.


Già, ma era solo teoria anche quella. Era filosofia. Gli uomini concreti a queste cose non credono. Credono ai “mercati”. Senza dirci però se sono alti o bassi, se bevono o sono astemi, come si vestono, dove vivono. Ma certo! Che sciocco! Non si vedono: sono la “mano invisibile”! Ma dentro un guanto di ferro che impugna una spada. Ecco alora i cicli sistemici: egemonia-sviluppo-crisi-finanziarizzazione-guerre-nuova egemonia … Quello qui sotto è una leggera modifica della descrizione storica di questi cicli redatta da Giovanni Arrighi (io ho aggiunto la dimensione degli attori).





Noterete due cose: le potenze che si scontrano hanno una dimensione crescente e i periodi di sviluppo si sono man mano accorciati mentre quelli di crisi si sono allungati. Le guerre ci sono sempre e sono sempre dovute all'incapacità e al rifiuto del vecchio blocco dominante di adeguarsi ai cambiamenti del mondo e all'emergere di nuove potenze. Scorrete col dito e posizionate lo scontro in corso tra USA e Russia e quello futuro tra USA e Cina. Non sarà difficile. Questa guerra mi sta facendo andare verso la depressione. Non vedo vie d'uscita. Il 31 marzo Putin ha firmato il decreto che esige il pagamento del gas in Rubli da parte dei “Paesi ostili”. Il rublo sui mercati ha riguadagnato tutto quello che aveva perso dopo il 24 febbraio. Il 31 marzo il Senato italiano ha votato con soli 35 voti contrari la fiducia sull'invio di armi e l'accoglienza dei profughi. Ma sono la stessa cosa? Perché metterle insieme? Questa è disonestà. 


lavoratori aeroportuali di Pisa giorni fa si erano rifiutati di caricare sull'aereo degli aiuti umanitari casse piene di armi. Siamo veramente l'Impero delle Bugie come dice Putin? Confondere solidarietà umana e riarmo è l'inganno più atroce che si possa fare. Ma questo sta succedendo. Il 16 marzo la Camera ha impegnato il governo ad aumentare le spese militari. Solo 16 deputati hanno votato contro l'ordine del giorno. Ci riarmeremo. Solo un pugno di parlamentari si è ricordato delle parole di Sandro Pertini. Non è evidente come il sole che vuotare gli arsenali e riempire i granai sono due condizioni inscindibili? Letteralmente. Questa guerra porterà a una crisi alimentare. L'Ucraina e la Russia sono esportatrici di grano. Diversi Paesi africani e mediorientali dipendono strettamente da queste esportazioni. Basti solo ricordarsi che le “primavere arabe” iniziarono in Tunisia con una rivolta per il pane. 


Anche in Europa i prezzi dei prodotti alimentari cresceranno, come quelli di ogni altro prodotto, sia come effetto diretto della guerra, sia per la rottura delle catene internazionali di approvvigionamento. Mentre la rottura delle catene internazionali del valore, l'aumento dei costi di sussistenza e la compartimentalizzazione dei mercati porteranno alla stagnazione. E le crisi finanziarie seguiranno a ruota. Si ritornerà quindi a quel lungo periodo di stag-flazione che negli anni Settanta aveva segnalato l'inizio della crisi sistemica di cui oggi stiamo vivendo il drammatico showdown.


Era tutto prevedibile se persino io che non sono uno specialista lo prevedevo quasi 10 anni fa quando scrivevo che deglobalizzazione e definanziarizzazione sarebbero state le prossime fasi della crisi. Negli anni Settanta il sistema si salvò, per circa un trentennio, con la coppia globalizzazione-finanziarizzazione. Questa combinazione ha però creato le condizioni per il proprio esaurimento e infine il collasso. Così il cerchio si è chiuso, ma un altro giro di giostra è impossibile. Manca il perno, anche se Joe Biden ha dichiarato che è l'America che deve guidare ancora una volta il mondo (Foreign Affair, March/April 2020). Non credo che sarà così, ma se l'America vuole che sia così, questa guerra ne farà scaturire un'altra e un'altra ancora. Fino alla fine.


Oggi l'unico modo che abbiamo, noi Europei innanzitutto, di salvarci dal disastro totale è una nuova architettura multipolare di sicurezza e di collaborazione globale. Stiamo andando direttamente nella direzione opposta. Basta solo sentire gli sproloqui e vedere i piani per diventare energeticamente indipendenti dalla Russia. Cosa vuol dire, al di là della fattibilità e dei tempi? Nemici per sempre. Vuol dire che se non questa volta, la prossima volta andremo a bombardare Mosca, magari con un bombardiere nucleare partito dall'Italia senza che l'Italia possa dire né a né ba ma solo attendersi per ritorsione un'atomica su Roma. Vuol dire che, comunque vada, con la Russia non avremo mai più rapporti pacifici (giusto per ricordarle, in modo ancor più convincente, dell'Armir e dell'Operazione Barbarossa). E' così? Voi, che decidete le nostri sorti ormai al di fuori di ogni reale e non fittizio controllo democratico, vogliamo una risposta.


La ri-creazione è finita. In secondo luogo vuol dire che trivelleremo ogni metro quadrato di mare, trivelleremo ogni lago, trivelleremo ogni campo di grano sospetto di nascondere le risorse per la nostra “indipendenza energetica”. Vuol dire che se si è veloci coi tempi nel ripristino del passato, il vecchio carbone e il vecchio nucleare ritorneranno in auge. Così come tornerà in trionfo tra sventolii di bandiere militari il caro vecchio C02. Vuol dire andare da Greta e dirle: “Tap tap, ragazzina. Sei stata utile. Sull'onda delle tue emozionanti parole abbiamo messo a punto stratagemmi “verdi” per finanziarizzare anche l'aria che le persone respirano. Una finanziarizzazione ecologica e sostenibile, ah ah!. Adesso però torna a scuola, perché la ri-creazione è finita”.


«Discopriamo, signori, questo tetto; dacché lo Spirito Santo non riesce a penetrare per cosiffatte coperture.» (Giovanni da Toledo, consigliando di scoperchiare la sala del conclave). Finito al più presto questo incubo, la UE, gli USA, la Nato e la Russia si devono sedere attorno a un tavolo in un conclave. Nel senso del clausi cum clave, come a Viterbo nel Trecento, quando si chiusero a chiave gli elettori del papa, gli si ridusse il vitto, si scoperchiò il tetto della sala e non li si fecero uscire

fino all'elezione del nuovo papa. Allo stesso modo così da quei negoziati non si potrà uscire fino all'accordo su una nuova architettura condivisa di sicurezza europea, che è la pietra angolare per una analoga architettura mondiale.


E il concetto di base dei negoziati deve essere “DISARMO”. Altro che riarmiamoci! Altro che incrementiamo le spese militari! Tutta la storia del mondo è lì a testimoniare che quando ci si riarma poi le armi si usano veramente. E' un invariante. Basta con quell'idiozia economicista (di cui spesso è preda la sinistra in ogni sua sfumatura) che il riarmo sia solo un business per il complesso militare-industriale e nulla più. E' una bestialità. Le armi si costruiscono per essere usate. Riarmo vuol dire crescita delle tensioni, vuol dire infrangere gli equilibri e infrangere gli equilibri vuol dire indurre paure nella controparte e quindi spingerla a riarmarsi. Finché la guerra scoppia per davvero.

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