Lettori fissi

giovedì 14 aprile 2022

EBBENE SI SONO NAZISTI, E ALLORA?
QUANDO ANCHE I TECNOCRATI ESIBISCONO LA SVASTICA

di Piotr


Ospito questo terzo contributo di Piotr sulla guerra russo-ucraina che l'autore aveva intitolato "Verso il lato oscuro di Krypton". Dal momento che Superman è il personaggio dei Marvel che amo di meno, avevo pensato di cambiare il titolo in  "Verso il lato oscuro di Gotham", ma poi mi è venuto in  mente 1) che Gotham non ha un lato oscuro perché è tutta oscura, 2) che il tema è troppo inquietante perché si pensi di alleggerirlo con un titolo fumettistico, per cui ho preferito un titolo più "contenutistico" che meglio aderisce alle tesi dell'articolo. Ho ritenuto opportuno premettere questa spiegazione perché il lettore non resti spiazzato dalla frase con cui Piotr conclude il suo testo (Carlo Formenti).




«Lassù sulle montagne bandiera nera:

è morto un partigiano nel far la guerra.

È morto un partigiano nel far la guerra,

un altro italiano va sotto terra.


Laggiù sotto terra trova un alpino,

caduto nella Russia con il Cervino.

Ma prima di morire ha ancor pregato:

che Dio maledica quell'alleato!

Che Dio maledica chi ci ha tradito

lasciandoci sul Don e poi è fuggito.


Tedeschi traditori, l'alpino è morto

ma un altro combattente oggi è risorto.

Combatte il partigiano la sua battaglia:

Tedeschi e fascisti, fuori d'Italia!

Tedeschi e fascisti, fuori d'Italia!

Gridiamo a tutta forza: Pietà l'è morta!»


Così nel 1944 il comandante partigiano Nuto Revelli trasformò il dolente canto degli alpini “Sul ponte

di Perati bandiera nera”, che il regime fascista aveva proibito perché “disfattista”.

Per il partigiano Revelli, l'alpino mandato a morire in Russia dal regime fascista resuscitava come combattente per la libertà.

Oggi la fantasia dei nostri governanti procede invece all'incontrario. Il giorno della battaglia di Nikolajewka, il 26 gennaio, è diventato per legge la “Giornata Nazionale degli Alpini”. Siamo in pieno revisionismo. La proposta di questa legge aveva come primi firmatari due esponenti della Lega. In modo evidente si vuole esaltare, seppur tramite un episodio di disperato eroismo durante la sua rovinosa sconfitta, l'aggressione nazifascista all'Unione Sovietica. 

Cancel Russia! Questa è la parola d'ordine. Cancel Dostoevskij! Cancel Ciaikovskij! E i Russi se ne rendono perfettamente conto. Non solo l'appoggio a Putin è salito all'85%, ma durante i negoziati di Istanbul la preoccupazione che serpeggiava tra i Russi era che si accettassero condizioni che non garantissero la sicurezza della Madre Russia.  


La battaglia di Nikolajewka



I nostri media ovviamente queste cose non le dicono. Probabilmente nemmeno le sanno, occupati come sono a leggere le veline di Kiev e di Washington. Ma è preoccupante che i governi europei non se ne rendano conto. La situazione invece è chiarissima. Al di là della specifica questione del Donbass, la Russia non può permettere che un enorme stato sia utilizzato come testa d'ariete contro di essa. La Russia non può permettere che siano installati missili nucleari a 5/10 minuti di volo da Mosca.  Ma non se lo può permettere nemmeno l'Europa e non se lo può permettere il mondo intero, perché missili strategici così vicini all'avversario in mano a pazzi furiosi che da 20 anni prevedono la possibilità del first strike vuol dire probabilità di guerra termonucleare [1]. Quindi la Russia, che finora ha mobilitato in Ucraina solo il 3% dei suoi soldati, vincerà questa guerra dovesse mobilitare il restante 97%, perché per lei è una questione di vita o di morte. Lo farà con o senza Putin. E' elementare capirlo. Il punto in discussione non è questo. Il punto è: la vincerà contro Zelensky o contro la Nato? 


Cioè: la Nato entrerà in guerra contro la Russia? 

La domanda che segue è questa: a cosa serve il crescendo di provocazioni e false flag?


E' raccapricciante che tutti i giorni ci chiedano di idolatrare i nazisti del battaglione Azov [2]. Ieri questi squadristi stra-armati e addestrati dalla Nato, hanno affermato che a Mariupol i Russi hanno usato non meglio specificate “sostanze chimiche”. In molti avevamo avvertito che questa accusa sarebbe stata prima o poi utilizzata (la prossima sarà simile o riguarderà fosse comuni o bambini uccisi per divertimento, ce ne è tutto un repertorio collaudato, basta leggere tra le righe quello che dice Zelensky). È un copione trito e ritrito, già visto ad esempio due volte in Siria, la prima volta sbugiardato dal MIT di Boston, la seconda dal reporter di guerra inglese Robert Fisk.  

Questa volta ci pensa il Pentagono stesso, a cui fa eco, e questo è interessante, Foggy Bottom: “U.S. cannot confirm use of chemical weapons in Ukraine” [3]. 

Io la leggo così: ancora una volta i realisti al Pentagono gettano acqua sul fuoco. La novità è che  stavolta anche Washington sembra preoccuparsi di dove può portare l'isteria di Kiev (e di alleati come la Polonia e i Paesi baltici). Un conto è se questa isteria permette di inviare in ucraina vecchi carri armati, vecchi sistemi d'arma come gli S-300, vecchi Mig di epoca sovietica che non cambiano di una virgola l'andamento della guerra (di fatto è un doppio affare: politico perché fanno vedere che l'Occidente si dà  da fare, economico perché smaltirli in patria costerebbe molto, ma se vengono distrutti in Ucraina dai Russi ai contribuenti non costa nulla – costa solo qualche soldato e qualche civile in più morto, ma chi se ne frega). Un altro conto è dare inizio a una guerra paneuropea col rischio di esservi trascinati dentro. 

Se per ora quindi scartiamo l'ipotesi che questa escalation verbale debba preludere a una drammatica escalation militare della Nato, cerchiamo di capire perché l'Occidente ripete sempre, alla nausea lo stesso copione di patenti  provocazioni e fake news. 


Il battaglione Azov



1a ipotesi: si vuole influenzare l'opinione pubblica russa. Improbabile (o comunque è idiota pensarlo). I Russi già si fidavano poco degli occidentali (paradossalmente se ne fidava più il Cremlino del russo medio [4]) e adesso il loro disprezzo è pressoché totale. Tra l'altro se devono credere alla propaganda di guerra, credono alla loro. Al contrario di noi conoscono, sicuramente enfatizzate ma reali, le testimonianze sulle atrocità perpetrate dai comandanti e dai miliziani nazionalisti ucraini sui civili e sui soldati ucraini stessi. Sanno, o per lo meno credono, che i loro ragazzi non commettono atrocità gratuite. In più hanno visto i filmati della fucilazione dei loro ragazzi prigionieri e hanno visto le foto di alcuni di loro che appaiono sgozzati. In più hanno visto i filmati dei loro ragazzi prigionieri torturati. In più hanno letto l'invito di autorità ucraine a castrare i prigionieri di guerra russi perché “non uomini, ma scarafaggi” [5]. In più sanno che questo è il modo di operare e il linguaggio dei nazisti, perché li conoscono fin troppo bene. E questi filmati e queste notizie sono state fatte circolare proprio dagli ucro-nazisti per esasperare il conflitto e impedire ogni prospettiva di pace. 


2a ipotesi: vogliono influenzare l'opinione pubblica occidentale. Questo è certo. Da una parte sanno che zombificandoci completamente potremmo accettare un'eventuale, benché per adesso non probabile, intervento diretto in guerra (se a Washington il partito realista dovesse cedere, perché ai “crazy freaks in Washington”, un'Europa parzialmente in fiamme per qualche mese, potrebbe non dispiacere). In secondo luogo immaginano che essendo noi stati da loro puntigliosamente forgiati a esseri “diversamente intellettivi”, queste notizie ci rinsaldano in un crescente odio viscerale e di lunga durata per la Russia, cosa che, come vedremo, è necessaria. Negli Stati Uniti questo sentimento è ormai diffusissimo, ma in Italia molto di meno e quindi abbiamo bisogno di essere “educati” ulteriormente.


Ma c'è anche un altro motivo, anzi un meta-motivo che non ha a che fare col volgo ma con i governi, con i decisori e quindi è anche più interessante: verificare chi è disposto a fare atto di sudditanza proclamando di credere a cose che sa invece essere falsità patenti. 

Dei morti di Bucha si sa solo che sono morti. Si scoprono fosse comuni, ma ancora non è uscito un testimone dei massacri. Possibile che i Russi così attenti evidentemente a tenere tutto nascosto (cosa difficile in una città minuscola) poi prima di ritirarsi ordinatamente lasciano in giro decine di cadaveri a cielo aperto che possono essere addirittura identificati da un satellite? Loro, gli inventori dello Sputnik non sanno che ci sono i satelliti? Nascondono un po' di morti e un po' ne lasciano in giro anche se per due giorni nessuno se ne accorge? Perché li hanno uccisi e come li hanno uccisi? Tutto può essere ma occorre un'inchiesta. Zelensky aveva detto che voleva un esame dei fatti all'ONU. Anche i Russi lo vogliono. Ma gli UK si oppongono. Secondo Mosca potrebbe saltar fuori che i morti (tutti i morti?) di Bucha erano “collaborazionisti dei Russi” uccisi dai nazi e dalla polizia segreta (la famigerata SBU [6]). Dicono che stanno emergendo prove a sostegno di questa ipotesi, Ci sarebbero intercettazioni, ci sarebbero filmati e foto in cui i cadaveri hanno le mani legate e al braccio il nastro bianco che i Russi hanno chiesto ai civili di indossare per poter girare tranquillamente. E che lo potessero fare lo ha ammesso anche il sindaco, Anatoly Fedoruk, quello che ha parlato di “vittoria ucraina” e per due giorni non si è accorto che dietro al municipio c'era un viale pieno di cadaveri. Di fatto si sa solo che laggiù ci sono molti morti. E gli interrogativi aumentano. E dubbi ne hanno anche politici ucraini all'opposizione.


Del bombardamento di Kramatorsk invece non si parla più. Da che è risultato chiaro che è stato compiuto dagli ucraini, si è messa la sordina. Nessuno che chiede un'inchiesta o che va a farla. Quei morti non sono più importanti. 

Ieri, allora, in sostituzione, i nostri media ci hanno chiesto di assoggettarci ai nazisti del battaglione Azov, glorificando non solo, come al solito, il loro “eroismo”, ma anche accettando la loro credibilità riguardo le affermazioni sull'uso di “sostanze chimiche” (uso fatto dai Russi in una città etnicamente russa e piena di truppe russe). Più realisti del re, dato che il re, come si è visto, ha espresso dei dubbi.

Ma tant'è. Ormai siamo in pieno “mood” antirusso e vanno bene anche le svastiche. Allo stesso modo, la Giornata degli Alpini non chiede di ricordare per disapprovarla l'aggressione nazifascista, men che meno chiede di onorare l'alpino morto che risorge come partigiano, ma ci incita a magnificare, questa è la sostanza, l'eroismo “contro i Russi” per «far prevalere i valori della Civiltà e dei popoli d'Occidente sulla barbarie dei territori orientali» (copyright Giorgio Napolitano, 1941).

E' sconcertante questo ripetersi della Storia: così come dopo circa ottant'anni Sarajevo è ritornata al centro di guerre europee, oggi dopo circa ottant'anni lo è di nuovo il Fronte Orientale con tutta la retorica che rigurgita dai nostri tempi più bui.


Io sono costernato. Non so voi. Io, figlio di partigiano, con la madre militante nel CNLAI, con uno zio torturato dai fascisti, con un cugino arrestato a diciannove anni dalla Gestapo e morto a venti in campo di concentramento in Germania, io che il giorno del mio quattordicesimo compleanno sono stato portato dai miei a visitare il campo di Mauthausen perché “dovevo capire”, io sono costernato e disgustato.

Tuttavia questo ennesimo atto di revisionismo storico e di sdoganamento del nazifascismo mi chiarisce meglio ciò che ci attende. 

Questa guerra o si trasformerà nell'olocausto nucleare o, come succede a tutte le guerre, finirà.
Quando una guerra finisce si firma un trattato di pace e tra le ex parti nemiche iniziano proficui scambi economici o addirittura esse si alleano. Ma in questo caso non sarà così. Il conflitto durerà anni e anni, perché è epocale. Il confronto anglo-olandese (penultima crisi sistemica) durò dal 1652 al 1784, e si svolse in quattro guerre. Il conflitto USA/UK-Germania (ultima crisi sistemica) durò dal 1914 al 1945 e si svolse in due fasi (prima e seconda guerra mondiale). Il conflitto attuale Est-Ovest (crisi sistemica in corso) è iniziato con le guerre nei Balcani e finora conta oltre a quelle, le guerre in Cecenia, in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Yemen (più una serie di colpi di stato, riusciti o falliti, mascherati da “rivoluzioni colorate”, dalla Lituania fino a Hong Kong, dove operarono anche diversi nazisti ucraini). Se anche gli Usa daranno il permesso a Kiev di trattare veramente con Mosca e si arriverà a una pace o a una tregua, il conflitto Est-Ovest rimarrà aperto. Ci sono mille modi e mille luoghi per continuarlo. 

Il mondo sarà sempre di più spaccato in due, perché questo è il progetto degli Stati Uniti, progetto a questo punto fatto proprio anche dalla Russia: da una parte noi, l'Occidente (con Giappone, Australia e Nuova Zelanda), cioè il 16% della popolazione mondiale, la sedicente “comunità internazionale”, che pretende di assoggettare il rimanente 84%, dall'altro l'84% degli umani che non vogliono più essere assoggettati da noi e quindi saranno qualificati come nazioni incivili, autoritarie, canaglia, illiberali, insomma: selvagge. 

Noi, che dell'intera galassia siamo i campioni insuperabili nelle guerre di ogni tipo e nell'oppressione  coloniale o economica degli altri popoli e siamo i leader mondiali nella produzione seriale di menzogne, una più spudorata dell'altra, ancora una volta ci dovremo sobbarcare il «fardello dell'uomo bianco» (Kipling) e portare col ferro e col fuoco la civiltà nel mondo. 

In the process, l'Europa, ostaggio del “destino manifesto” statunitense e del suo sogno che questo iniziato con le Torri Gemelle sia ancora “a new American century”, questa Europa, dicevamo, si suiciderà. Fine della civiltà europea, fine del suo pensiero, fine dei suoi valori (una parte sopravviverà grazie ai “barbari”).

Se continueremo per questa strada il futuro, infatti, non è difficile da prevedere. Una sintesi a braccio? Eccola, è all'insegna della concentrazione e centralizzazione di capitali e del trasferimento di enormi quote di ricchezza, dalla società verso il colosso finanziario dai piedi d'argilla. In termini più ampi, assisteremo al tentativo degli Stati Uniti di scaricare sull'Europa l'entropia là prodotta dai processi di accumulazione.


0. Entreremo in un prolungato periodo di stag-flazione, stagnazione con inflazione, cosa che la dottrina economica non prevede ma che succede. Successe negli anni Settanta del secolo scorso. E succederà tra poco. La prima volta perché si cercava di attuare politiche anticicliche per contrastare una crisi che invece era sistemica, politiche che entravano in collisione con la nuova strategia di accumulazione che andava nella direzione della finanziarizzazione. Questa volta, al contrario, per soccorrere la finanziarizzazione stessa e permetterne una “demolizione controllata” che favorisca luoghi e casi, e per rilanciare l'economia reale (cioè il suo profitto), sempre in alcuni luoghi e in alcuni casi. La stag-flazione degli anni Settanta del XX secolo fu il preludio alla globalizzazione-finanziarizzazione, quella degli anni Venti del XXI secolo sarà il preludio alla deglobalizzazione-definanziarizzazione.

1. Decine di migliaia di piccole e medie imprese falliranno. Alcune saranno assorbite dal grande capitale che a sua volta si riorganizzerà.

2. Tra i pochi settori industriali in espansione spiccheranno quelli collegati all'industria delle armi. Lo stesso varrà per la ricerca. 

3. Il settore turistico verrà devastato.

4. Il settore culturale sarà lo spettro di se stesso.

5. L'agricoltura arrancherà. La scarsità di gas, ad esempio, penalizzerà la produzione dei fertilizzanti (negli UK la CF Industries Holdings ha deciso si chiudere fino a data da destinarsi i suoi stabilimenti di Teesside e Cheshire, dove 600 persone producono il 40% dei fertilizzanti usati nel Regno Unito). Le nostre esportazioni agricole crolleranno, strette tra la chiusura degli sbocchi a Est e l'aggressiva invasione dell'agribusiness statunitense (il Midwest non è meno strategico di Wall Street). Gli USA metteranno un'ipoteca sulla possibilità stessa di nutrirsi degli Europei. 

6. Decine di migliaia di mutui e di prestiti personali e aziendali non saranno redimibili. Un'enorme quantità di case, di negozi, di imprese, di risparmi, passerà alle banche. Di fatto il più semplice cittadino verrà trattato come un “oligarca russo”: gli verrà sequestrato tutto. 

7. Molte imprese finanziarie collasseranno, assieme ai nostri risparmi. Altre, poche, trarranno invece grossi benefici. Impossibile ora sapere quanto dureranno nel tempo.

8. Scordiamoci il welfare, la protezione sociale se non nella forma di moderne “poor laws” (reddito di cittadinanza et similia), scordiamoci la sanità pubblica, la scuola pubblica, i trasporti pubblici. Scordiamoci l'acqua pubblica e i servizi essenziali pubblici. Sarà tutto progressivamente privatizzato, de facto o de jure,  per salvare, anche con questo, alcuni grossi grumi di capitale sovraccumulato e potere finanziario a rischio.

9. L'aspettativa di vita diminuirà, ma l'età pensionabile no (in Italia è la furbata della Fornero: l'adeguamento è a senso unico). Di fatto il sistema pensionistico passerà progressivamente e velocemente, de facto o de jure, in mani private.

10. La percentuale di popolazione sotto la soglia di povertà (già oggi allarmante) incrementerà in modo drammatico.

11. La criminalità aumenterà.

12. Ci sarà un'impennata di conflitti etnico-culturali, o pseudo tali, tra italiani ed immigrati e tra immigrati.

13. I problemi ecologici peggioreranno.

14. I conflitti sociali saranno repressi sistematicamente, non sarà tollerato nessun reale dissenso, la sorveglianza di massa, il “panopticon” sociale, avrà un raggio illimitato, le libertà di pensiero e di espressione saranno di fatto un ricordo remoto. Dimenticatevi di come si è vissuto finora.


Insomma: avete in mente la nostra Costituzione nata dalla Resistenza? Sì? Ebbene, scordatevela. Succede anche in Germania e in Giappone dove stanno per riarmarsi fino ai denti, in diretto conflitto con le loro Carte fondamentali. E' un mondo intero che si sta rovesciando. Già lo vedevamo nei partiti di sinistra che, come ha sintetizzato l'economista statunitense Michael Hudson, hanno ormai come unico compito quello di «tradire i propri patti costitutivi».

Chi, come me è cresciuto col boom economico, con le lotte operaie e studentesche, con l'idea di poter trasformare in meglio il mondo (tutte cose collegate) è, già ora, in pieno trauma. Per capire e cercare di agire occorre un riposizionamento gestaltico. E' assolutamente necessario, ma è difficile e soprattutto è scomodo perché quasi sempre impone di separare il nostro essere sociale dalla nostra coscienza di classe, nel senso ampio della nostra percezione delle cose politiche e storiche.

Conosco la mia generazione. Aveva già scelto da che parte stare in questa guerra prima ancora che scoppiasse, prima ancora che ne avesse sentore. Si era già predisposta da sola al lavaggio del cervello della propaganda dei media con l'elmetto: la mia generazione sta dalla parte della sua gioventù passata, dei suoi sogni e delle sue speranze sfiorite, tutte cose che erano garantite dall'ombrello dell'egemonia statunitense; tutte, anche l'antimperialismo old fashion, persino un certo comunismo. Non è un paradosso paragonare la resistenza ucraina contro i Russi a quella vietnamita contro gli Americani. Vuol dire non capire un cazzo, ma non è un paradosso. Se vogliamo è una forma di narcisismo senile, è l'effetto di un Viagra culturale. Sicuramente è un ostacolo insormontabile al riposizionamento gestaltico che, solo, ci potrebbe fare agire per fermare questo governo e questa Europa che corrono verso il baratro e pretendere per prima cosa un patto globale di disarmo. 

Stiamo entrando nell'era post-contemporanea. 




Per diversi aspetti mi sorprende: non pensavo che il fascismo tecnocratico, quello previsto da Pier Paolo Pasolini, quello non «umanisticamente retorico» ma «americanamente pragmatico» il cui fine è «la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo», si sarebbe avvalso del fascismo con la svastica. Ma evidentemente avevo una visione troppo teorica del fascismo tecnocratico. Anche il grande Pasolini lo inquadrava nell'epoca del suo sviluppo. Ma nell'epoca della sua crisi e del suo tentativo di rigenerarsi, le cose sono atrocemente cambiate.

Stiamo viaggiando verso il lato oscuro di Krypton. 


[1] E' l'American Nuclear Posture approvata da Bush jr e mantenuta dalle amministrazioni seguenti: 

https://www.cfr.org/backgrounder/no-first-use-and-nuclear-weapons

https://www.armscontrol.org/act/1999-07/features/natos-nuclear-weapons-rationale-first-use

[2] Fino solo a un anno fa i nazisti ucraini non godevano di una buonissima stampa negli USA: https://time.com/5926750/azov-far-right-movement-facebook/

Non solo, ma nel giugno del 2016 la House of Representatives aveva approvato un emendamento bipartisan al Defense Appropriations Act che alla Sezione 10009, recita “Prohibits funds provided by this bill from being used to provide arms, training, or other assistance to the Azov Battalion”. Votazione festeggiata in questo modo da uno dei promotori, John Conyers: “Sono grato che la House of Representatives abbia approvato all'unanimità i miei emendamenti ieri sera per garantire che i nostri militari non addestrino membri del ripugnante battaglione neonazista Azov, insieme alle altre mie misure per tenere fuori da queste regioni instabili i MANPAD pericolosi e facilmente trafficabili”. In altre parole gli USA stanno agendo in totale spregio alle loro stesse leggi:

https://www.congress.gov/bill/114th-congress/house-bill/2685

[3] https://www.reuters.com/world/us-cannot-confirm-use-chemical-agents-ukraines-mariupol-official-2022-04-12/

[4] Infatti il Cremlino è pieno di cosiddetti “integrazionisti atlantici” che ora, visto che l'integrazione con l'Occidente è fallita, rischiano l'epurazione (si veda il caso di Dmitry Peskov, il portavoce di Putin). 

[5] https://www.dailymail.co.uk/news/article-10636597/Ukrainian-doctor-tells-TV-interviewer-ordered-staff-CASTRATE-Russian-soldiers.html

[6] “I dati accumulati dal primo rapporto della Foundation for Democracy Studies forniscono elementi per concludere che la tortura e il trattamento disumano inflitti dalle Forze di sicurezza dell'Ucraina (SBU), dalle forze armate ucraine, dalla Guardia nazionale e da altre formazioni all'interno del ministero dell'Interno dell'Ucraina, così come i gruppi armati illegali, come Settore Destro, non solo hanno continuato, ma stanno aumentando di scala e stanno diventando sistematici”. (2° rapporto OCSE “War crimes of the armed forces and security forces of Ukraine: torture and inhumane treatment” https://www.osce.org/files/f/documents/e/7/233896.pdf). 

Questo per quanto riguarda la “lotta per la democrazia”.

sabato 2 aprile 2022

SI SVUOTINO GLI ARSENALI


di Piotr


Ospito volentieri questo nuovo intervento dell'amico Piotr sulla guerra in corso. Anche se, questa volta, non mi sento di condividere al 100% ciò che scrive. Intendiamoci: non si può che provare empatia per il suo grido di dolore per l'idiozia criminale delle scelte dei governi europei, i quali si accodano supinamente al gioco mortale innescato da un'America disperatamente protesa a conservare il suo ruolo egemonico. Così come sono assolutamente d'accordo con la sua analisi delle cause di fondo - ricostruite a partire dalla lezione di Giovanni Arrighi - di quanto sta accadendo. Tuttavia, pur avendo a mia volta giocato più volte negli ultimi anni il ruolo di Cassandra nel prevedere la catastrofe imminente che (per chiunque fosse dotato di buon senso: non era necessario essere dei geni della geopolitica) era scritta nei fatti, e anzi proprio perché tutto ciò era razionalmente prevedibile, mi pare inutile appellarsi al buon senso (per non dire alla buona volontà!) dei responsabili per evitare il peggio. Piotr scrive che è sbagliato - ed economicista - attribuire tutto al keynesismo di guerra senza capire che una volta fabbricate le armi verranno anche usate. Il punto è che le due cose non sono in contraddizione: come ci ha insegnato Marx, la razionalità economica del capitale è intrisa di cupio dissolvi: quando è in crisi (e quanto più la crisi è grave) il capitale lotta per la sopravvivenza immediata costi quel che costi, il suo motto diventa dopo di me il diluvio o, se preferite, muoia Sansone con tutti i Filistei. Resta solo da sperare nell'unica fonte di razionalità che oggi il mondo abbia da offrire, che abita a Pechino, e che, in questa lotta mortale per sopravvivere, il capitalismo nella più folle incarnazione egemonica che abbia avuto nei suoi cinque secoli di vita - quella a stelle e strisce - commetta abbastanza errori per uscirne sconfitto. (Carlo Formenti)


“Svuotare gli arsenali, riempire i granai!” (Sandro Pertini)


«Poiché la Chiesa cristiana è stata fondata, rafforzata e ingrandita col sangue, ora, come se Cristo fosse morto lasciando i fedeli senza una protezione conforme alla sua legge, governano con la spada, e, pur essendo la guerra una cosa tanto crudele da convenire alle belve più che agli uomini, tanto pazza che anche i poeti hanno immaginato fossero le Furie a scatenarla, così rovinosa da portare con sé la totale corruzione dei costumi, tanto ingiusta da offrire ai peggiori predoni la migliore occasione di affermarsi, tanto empia da non avere nulla in comune con Cristo, tuttavia, trascurando tutto il resto, fanno solo la guerra. […] Né mancano colti adulatori, pronti a chiamare questa evidente follia zelo, pietà, fortezza, escogitando stratagemmi che permettono d’impugnare il ferro mortale e di immergerlo nelle viscere del fratello senza venir meno a quella suprema carità che secondo il dettato di Cristo un cristiano deve al suo prossimo.»

(Erasmo da Rotterdam, “Elogio della Follia”, 1511)


«[P]rima di soffocare (o respirare) nella prigione (o nel paradiso) di un impero mondiale postcapitalistico o di una società mondiale di mercato postcapitalistica, l’umanità potrebbe bruciare negli orrori (o nelle glorie) della crescente violenza che ha accompagnato la liquidazione dell’ordine mondiale della guerra fredda. Anche in questo caso la storia del capitalismo giungerebbe al termine, ma questa volta attraverso un ritorno stabile al caos sistemico dal quale ebbe origine seicento anni fa e che si è riprodotto su scala crescente a ogni transizione. Se questo significherà la conclusione della storia del capitalismo o la fine dell’intera storia dell’umanità, non è dato sapere.»

(Giovanni Arrighi “The Long Twentieth Century: Money, Power and the Origins of Our Time”, 1994)






Oggi giravo per la mia città pensando alle parole di Erasmo. E le parole di Erasmo mi hanno ricordato quelle che Giovanni Arrighi aveva scritto a sigillo del suo capolavoro proprio mentre eravamo ubriacati dalla Belle Époque della Milano da bere, pensavamo che la Storia fosse finita e si sproloquiava di “globalizzazione”, di “New Economy”, di “dot-com”, di magnifiche sorti e progressive. Nel mezzo di quella gigantesca movida, Arrighi avvertiva che il mondo stava andando verso il caos con la possibilità che prima incorresse in una guerra catastrofica. In pochissimi riuscirono a udirlo in mezzo al frastuono del rave party della globalizzazione e della finanziarizzazione. Io lo ascoltai, mi misi allora a studiare e a riflettere su materie che non amavo: la politica, l'economia, la geopolitica. Da allora aspettai con angoscia questo momento mentre speravo in cuor mio che non arrivasse mai, che ci fosse un ravvedimento, che sorgesse per via la libertà, il miracolo, il fatto che non era necessario. Avvertii anch'io del pericolo, coi pochi mezzi che avevo. Anche altri lo fecero. In pochi. Inascoltati. Ma dai! Che tesi curiosa! Sì, è interessante, ma senza fondamento. Eh eh, tutta teoria, solo teoria, eh eh, i grandi esperti non ci credono, non ne parlano e quindi non è vero, eh eh.


Già, gli esperti laureati che si muovono soltanto tra le piante dai nomi poco usati, non tra gli umili alberi dei limoni. Uomini che imbrigliano la realtà con formule che sembrano inoppugnabili ma sono intrise di ideologia, che sembrano asettiche, ma trasudano sangue e sporcizia da tutti i pori. Chiedetelo agli Ucraini se era solo teoria!


Tutto già noto, tutto già visto, tutto già scritto, tutto già denunciato. Tutto inutile. Giravo per la mia città e guardavo i negozi, le insegne delle aziende e dei negozi, le auto che andavano e venivano. Mai come in questo momento il mondo in cui viviamo mi è sembrato così privo di senso. Che l'uomo produca cose e che commerci i suoi prodotti è del tutto naturale. Com'è che da ciò si entra nel tunnel delle guerre? Secondo Fernand Braudel e Karl Polanyi il passaggio fatale è avvenuto quando le società con mercato sono diventate società di mercato.

E' stato un lungo processo verso l'innaturalità, verso quella condizione di alienazione dove solo le merci hanno rapporti sociali mentre gli uomini hanno rapporti mercificati. Il mercato domina l'uomo invece di esserne dominato e controllato.


Già, ma era solo teoria anche quella. Era filosofia. Gli uomini concreti a queste cose non credono. Credono ai “mercati”. Senza dirci però se sono alti o bassi, se bevono o sono astemi, come si vestono, dove vivono. Ma certo! Che sciocco! Non si vedono: sono la “mano invisibile”! Ma dentro un guanto di ferro che impugna una spada. Ecco alora i cicli sistemici: egemonia-sviluppo-crisi-finanziarizzazione-guerre-nuova egemonia … Quello qui sotto è una leggera modifica della descrizione storica di questi cicli redatta da Giovanni Arrighi (io ho aggiunto la dimensione degli attori).





Noterete due cose: le potenze che si scontrano hanno una dimensione crescente e i periodi di sviluppo si sono man mano accorciati mentre quelli di crisi si sono allungati. Le guerre ci sono sempre e sono sempre dovute all'incapacità e al rifiuto del vecchio blocco dominante di adeguarsi ai cambiamenti del mondo e all'emergere di nuove potenze. Scorrete col dito e posizionate lo scontro in corso tra USA e Russia e quello futuro tra USA e Cina. Non sarà difficile. Questa guerra mi sta facendo andare verso la depressione. Non vedo vie d'uscita. Il 31 marzo Putin ha firmato il decreto che esige il pagamento del gas in Rubli da parte dei “Paesi ostili”. Il rublo sui mercati ha riguadagnato tutto quello che aveva perso dopo il 24 febbraio. Il 31 marzo il Senato italiano ha votato con soli 35 voti contrari la fiducia sull'invio di armi e l'accoglienza dei profughi. Ma sono la stessa cosa? Perché metterle insieme? Questa è disonestà. 


lavoratori aeroportuali di Pisa giorni fa si erano rifiutati di caricare sull'aereo degli aiuti umanitari casse piene di armi. Siamo veramente l'Impero delle Bugie come dice Putin? Confondere solidarietà umana e riarmo è l'inganno più atroce che si possa fare. Ma questo sta succedendo. Il 16 marzo la Camera ha impegnato il governo ad aumentare le spese militari. Solo 16 deputati hanno votato contro l'ordine del giorno. Ci riarmeremo. Solo un pugno di parlamentari si è ricordato delle parole di Sandro Pertini. Non è evidente come il sole che vuotare gli arsenali e riempire i granai sono due condizioni inscindibili? Letteralmente. Questa guerra porterà a una crisi alimentare. L'Ucraina e la Russia sono esportatrici di grano. Diversi Paesi africani e mediorientali dipendono strettamente da queste esportazioni. Basti solo ricordarsi che le “primavere arabe” iniziarono in Tunisia con una rivolta per il pane. 


Anche in Europa i prezzi dei prodotti alimentari cresceranno, come quelli di ogni altro prodotto, sia come effetto diretto della guerra, sia per la rottura delle catene internazionali di approvvigionamento. Mentre la rottura delle catene internazionali del valore, l'aumento dei costi di sussistenza e la compartimentalizzazione dei mercati porteranno alla stagnazione. E le crisi finanziarie seguiranno a ruota. Si ritornerà quindi a quel lungo periodo di stag-flazione che negli anni Settanta aveva segnalato l'inizio della crisi sistemica di cui oggi stiamo vivendo il drammatico showdown.


Era tutto prevedibile se persino io che non sono uno specialista lo prevedevo quasi 10 anni fa quando scrivevo che deglobalizzazione e definanziarizzazione sarebbero state le prossime fasi della crisi. Negli anni Settanta il sistema si salvò, per circa un trentennio, con la coppia globalizzazione-finanziarizzazione. Questa combinazione ha però creato le condizioni per il proprio esaurimento e infine il collasso. Così il cerchio si è chiuso, ma un altro giro di giostra è impossibile. Manca il perno, anche se Joe Biden ha dichiarato che è l'America che deve guidare ancora una volta il mondo (Foreign Affair, March/April 2020). Non credo che sarà così, ma se l'America vuole che sia così, questa guerra ne farà scaturire un'altra e un'altra ancora. Fino alla fine.


Oggi l'unico modo che abbiamo, noi Europei innanzitutto, di salvarci dal disastro totale è una nuova architettura multipolare di sicurezza e di collaborazione globale. Stiamo andando direttamente nella direzione opposta. Basta solo sentire gli sproloqui e vedere i piani per diventare energeticamente indipendenti dalla Russia. Cosa vuol dire, al di là della fattibilità e dei tempi? Nemici per sempre. Vuol dire che se non questa volta, la prossima volta andremo a bombardare Mosca, magari con un bombardiere nucleare partito dall'Italia senza che l'Italia possa dire né a né ba ma solo attendersi per ritorsione un'atomica su Roma. Vuol dire che, comunque vada, con la Russia non avremo mai più rapporti pacifici (giusto per ricordarle, in modo ancor più convincente, dell'Armir e dell'Operazione Barbarossa). E' così? Voi, che decidete le nostri sorti ormai al di fuori di ogni reale e non fittizio controllo democratico, vogliamo una risposta.


La ri-creazione è finita. In secondo luogo vuol dire che trivelleremo ogni metro quadrato di mare, trivelleremo ogni lago, trivelleremo ogni campo di grano sospetto di nascondere le risorse per la nostra “indipendenza energetica”. Vuol dire che se si è veloci coi tempi nel ripristino del passato, il vecchio carbone e il vecchio nucleare ritorneranno in auge. Così come tornerà in trionfo tra sventolii di bandiere militari il caro vecchio C02. Vuol dire andare da Greta e dirle: “Tap tap, ragazzina. Sei stata utile. Sull'onda delle tue emozionanti parole abbiamo messo a punto stratagemmi “verdi” per finanziarizzare anche l'aria che le persone respirano. Una finanziarizzazione ecologica e sostenibile, ah ah!. Adesso però torna a scuola, perché la ri-creazione è finita”.


«Discopriamo, signori, questo tetto; dacché lo Spirito Santo non riesce a penetrare per cosiffatte coperture.» (Giovanni da Toledo, consigliando di scoperchiare la sala del conclave). Finito al più presto questo incubo, la UE, gli USA, la Nato e la Russia si devono sedere attorno a un tavolo in un conclave. Nel senso del clausi cum clave, come a Viterbo nel Trecento, quando si chiusero a chiave gli elettori del papa, gli si ridusse il vitto, si scoperchiò il tetto della sala e non li si fecero uscire

fino all'elezione del nuovo papa. Allo stesso modo così da quei negoziati non si potrà uscire fino all'accordo su una nuova architettura condivisa di sicurezza europea, che è la pietra angolare per una analoga architettura mondiale.


E il concetto di base dei negoziati deve essere “DISARMO”. Altro che riarmiamoci! Altro che incrementiamo le spese militari! Tutta la storia del mondo è lì a testimoniare che quando ci si riarma poi le armi si usano veramente. E' un invariante. Basta con quell'idiozia economicista (di cui spesso è preda la sinistra in ogni sua sfumatura) che il riarmo sia solo un business per il complesso militare-industriale e nulla più. E' una bestialità. Le armi si costruiscono per essere usate. Riarmo vuol dire crescita delle tensioni, vuol dire infrangere gli equilibri e infrangere gli equilibri vuol dire indurre paure nella controparte e quindi spingerla a riarmarsi. Finché la guerra scoppia per davvero.

venerdì 25 marzo 2022

Tra “Vispa Teresa” e tragedia

di Piotr


I dolori del parto di un'epoca nuova

Tutti i momenti di passaggio epocale sono stretti tra la tragedia e le sfide cognitive per cercare di capire i lineamenti della nuova epoca che sta nascendo tra i dolori del parto, che nell'odiosa e disgustosa storia di guerre del genere umano sembrano inevitabili.

Se si è consapevoli che la nottola di Minerva spicca il volo solo dopo che sono calate le tenebre, allora si sa che durante il crepuscolo al più si hanno intuizioni, non certezze razionali. Si hanno ciò che possiamo chiamare “fantasie realistiche”, che non a caso è un ossimoro.

“Tentava la vostra mano la tastiera”, diceva il poeta. E io faccio lo stesso, oltre non posso andare, anche per le mie limitatissime conoscenze e informazioni.

Però, se volete, in giro si trova facilmente chi invece sa tutto e sentenzia sicuro. In TV e sui media ne trovate esempi continui. Peccato che molto spesso sappiano esclusivamente ciò che gli è consentito dai vecchi paradigmi, che per altro già fornivano una visuale ristretta, così che è capitato che blasonati e riveriti esperti potessero incorrere in piccoli errori, come ad esempio preannunciare entusiasmanti sviluppi economici il giorno prima dello scoppio di una crisi devastante (e poi, una volta scoppiata, nemmeno capirne la portata) o pensare a un mondo unificato e pacificato il giorno prima dello scoppio della terza guerra mondiale. Una guerra che è già iniziata da un pezzo anche se qualcuno insiste a pensare o a voler far credere che quella in corso non sia parte di un confronto di portata storica non più rinviabile tra Russia e Stati Uniti, bensì una faccenda tra Russia e Ucraina o il personale delirio zarista di una persona al Cremlino disturbata mentalmente da amanti, figli illegittimi, complessi fisici - eh, la statura! - e traumi infantili (francamente di queste idiozie non se ne può più).


La strategia e la narrazione: la “Vispa Teresa” come dogma popolare

Ovviamente là dove si prendono le grandi decisioni strategiche, in questi errori non si incorre, le cose si sanno veramente. O per lo meno io parto da questo presupposto. L'alternativa sarebbe l'inquietante  ipotesi che si possa arrivare a guerre mondiali “per sbaglio”, ad esempio perché qualche think tank di idioti pensava di poter continuare inerzialmente a minacciare la Russia senza che essa reagisse.

A tratti, confesso, ho anch'io questa sensazione, ma come ipotesi di lavoro, e per il mio benessere mentale, assumo come presupposto che nei posti di comando che contano si facciano ragionamenti magari cinici e amorali ma seri. Ne segue che le miserande narrazioni che a noi giungono sono dovute al fatto che in questi centri di comando si sta molto attenti a non far trapelare la verità e, al suo posto, a volgarizzare una narrazione piena di frottole giustificate da dogmi, cioè la “Vispa Teresa”. Queste sono le frottole e i dogmi, nel senso proprio di deliberazioni non questionabili, che formano la dottrina dei grandi “esperti” funzionali alla divulgazione, appunto, della “Vispa Teresa”, cioè del travestimento di strategie che essi non intendono e che nessuno deve intendere (se poi qualcuno studia come stanno le cose, viene chiamato, a scelta, “complottista” o “agente del nemico” - si pensi ad Alessandro Orsini, persona moderata e riconosciuta esperta di analisi strategiche e di sicurezza internazionale, chiamato da un esponente del PD “pifferaio di Putin” perché spera che si arrivi alla pace prima che scoppi una guerra nucleare a causa della radicalizzazione delle posizioni: una volta qualcuno in orbace l'avrebbe definita una “posizione disfattista”, ma siamo lì). 

Non c'è spazio per dubbi. Le narrazioni diventano “la scienza”, con l'articolo determinativo, l'unica ammessa da un sistema mediatico-accademico ormai senza un barlume di spirito critico (nelle università occidentali da anni, ad esempio, non si insegnano più le idee economiche al plurale, ma una sola, il neo-liberismo, una dottrina impostasi per gestire la crisi del sistema occidentale e funzionale alla crisi, sperimentata negli anni Sessanta del secolo scorso nel Cile fascistoide di Augusto Pinochet e poi diventata verbo liberal – è un punto su cui ritorneremo perché mette in luce forse il più importante errore specifico di valutazione del Cremlino nella crisi ucraina). 

Quando parlo di “grandi strategie” e di ristretti circoli che le cose le sanno veramente e scrivono la “Vispa Teresa” da far divulgare, penso a Washington, penso a Londra, in qualche misura anche a Parigi e Berlino. L'Italia è meglio lasciarla perdere in quanto dall'inizio della cosiddetta Seconda Repubblica ha progressivamente confuso la “Vispa Teresa” con la strategia stessa.

Penso ovviamente anche a Pechino. Per quanto riguarda Mosca la cosa si fa più complessa e quindi anche più interessante.


Lo scontro di due logiche uguali: l'incanto iniziale di Putin e la sua successiva delusione

Per dirla senza riguardo, Putin all'inizio dei suoi mandati ha creduto sinceramente alla “Vispa Teresa”. Convinto liberista, pensava di inserirsi alla pari nel mondo globalizzato occidentale, ma la domanda non è stata accolta. Per prima cosa perché l'accumulazione capitalistica si basa su differenziali si sviluppo economico, politico, militare, conoscitivo e culturale e quindi il Centro ha bisogno che ci sia una Periferia (o meglio un sistema di periferie). In secondo luogo perché quando la Russia, grazie a Putin, è uscita dallo stato di periferia designata che era stato accettato dalla cleptocrazia compradora di Boris Eltsin, la crisi sistemica era ormai in uno stadio molto avanzato e in uno stadio molto avanzato di crisi il Centro ha bisogno di più Periferia, non di meno Periferia. Era l'apice della strategia globalizzazione-finanziarizzazione, che ha dato i suoi frutti fino a quando, come esito inintenzionale, alcune grosse periferie su cui si basava hanno cominciato ad emergere come competitor. 

L'esito è stato inintenzionale ma la morale invece è sempre la stessa: il capitalismo, a causa del suo principio fondante di accumulazione senza fine e senza un fine, supera una contraddizione solo per ritrovarsene davanti una ancora più gigantesca. Di fronte a questo refrain il Centro-in-carica ha solo due strade: o si ripensa (come Centro) o raddoppia la posta, replica le stesse mosse e incrementa esponenzialmente il pericolo di una catastrofe sociale, politica e militare, per sé e per il mondo con cui è in contatto, attualmente l'intero globo terraqueo, la stratosfera, la mesosfera, la termosfera e anche oltre. 

Per ora rimettersi in discussione è considerato più pericoloso del raddoppio. Così l'anno dopo che Putin chiedeva, inutilmente, che la Russia fosse ammessa nella Nato, iniziava la III Guerra Mondiale: era l'11 settembre 2001. Ed ora eccoci qua, in piena merda, per dirla in termini scientifici.


Dalla delusione alla contrapposizione obbligata

La dinamica l'abbiamo già accennata. L'esclusione dal Centro-in-carica, ha spinto il neo-Centro Russia,  che è uno dei neo-Centri emergenti che spingono verso un mondo multi centrico (premessa, qualora la Bomba venga tenuta nel cassetto, al benedetto mondo multipolare), a contrapporsi all'egemonia occidentale. 

Quindi, la colpa dell'Occidente è il suo sistema escludente e la colpa di Mosca è averne mutuata la logica e in più non averne capito in tempo tutte le conseguenze.

La contrapposizione e la strategia del double down hanno consigliato a Washington e alla Nato di preparare la trappola ucraina. La contro strategia di Mosca, vista la mancanza di vie d'uscita, è stata  entrare in forze nella trappola per scardinarla, sparigliare le carte e imporsi definitivamente come neo-Centro. La trappola era preparata da tempo così come la chiusura delle vie d'uscita, ma Mosca ha dovuto aspettare due cose: 1) la modernizzazione dei propri sistemi d'arma, che è esemplificata dai missili ipersonici sostanzialmente non intercettabili nemmeno dalla difesa statunitense, 2) il consolidarsi di un entroterra economico, politico e diplomatico alternativo a quello occidentale.

Una volta verificate le due condizioni, la Russia con l'invasione dell'Ucraina ha tolto agli Stati Uniti il monopolio planetario della violenza e assieme alla Cina gli sta togliendo il monopolio dei mezzi internazionali di pagamento.

Di fatto ciò ratifica la fine del ciclo egemonico statunitense iniziato con la vittoria nella II Guerra Mondiale. E' lo showdown.

Dei monopoli che devono essere appannaggio di un centro egemonico perché esso sia tale, quello delle fonti d'energia se rimarrà agli Stati Uniti lo sarà solo relativamente alla sua residuale area d'influenza; la vicenda del Nord Stream 2 esemplifica ciò che sto dicendo.

Occorre notare che le due condizioni sopra accennate non sono separabili. Quasi una decina di anni fa scrissi che il bluff del Dollaro come moneta internazionale, ruolo tecnicamente finito nel 1971, sarebbe stato scoperto quando al tavolo di poker internazionale si sarebbe seduto un tipo con lo sguardo duro con due grosse pistole al cinturone, che con voce poco rassicurante avrebbe detto: “Vedo!”. Le due grosse pistole erano necessarie per far desistere gli Stati Uniti da una «risposta politica, economica e anche militare selvaggia» (David Harvey). Così sembra essere. Non solo, ma al tavolo da gioco del Far West si è seduto un distinto signore proveniente dal Far East, e che si sospetta sia complice del tipo con lo sguardo duro, che ha gettato come posta un sacco di soldi per far saltare il tavolo.


Qui però si impone un excursus. 

Che siano necessari migliaia di morti, in questo caso e per ora, se non centinaia di migliaia e a volte milioni come è successo altre volte, per decidere con che mezzo si possa pagare un metro cubo di gas per cucinare e produrre energia elettrica, o un barile di petrolio per far funzionare i motori o un ettolitro di grano per nutrirsi, è la testimonianza più evidente della perversità della logica dei cicli egemonici.

Fine excursus


Il mondo si sta spaccando in due (o più?) parti e un brave new world sta nascendo tra le angoscianti  sofferenze che il caos sistemico porta con sé. Qui non ci sono buoni e cattivi. Solo gli interessi sono “at stake”, non i sentimenti e i valori. Ma una cosa è certa: l'Occidente che ha ucciso milioni di civili nelle sue guerre, che ha massacrato l'allora poverissimo Vietnam, il Laos, la Cambogia, che in 13 contro 1 ha bombardato per 78 giorni la piccola Serbia con 1.000 bombardieri (nel tripudio della nostra stampa democratica), che ha bombardato Baghdad e Tripoli, ucciso mezzo milione di bambini iracheni, perché quello era il “prezzo giusto” (Madeleine Albright), devastato l'Afghanistan, la Siria e lo Yemen coi suoi proxy di fanatici tagliagole, coi suoi “eserciti subnazionali” (copyright Rand Corporation), questo Occidente non può dare del “pazzo” e del “criminale” a nessuno. Siamo al punto che Paul Craig Roberts, sottosegretario al Tesoro di Reagan, e quindi a tutti gli effetti uno dei vincitori della Guerra Fredda, è costretto ad affermare che la Russia non ha capito che i suoi sforzi per fare meno vittime civili possibili, all'Occidente non interessano un bel nulla. Anzi, l'Occidente la rispetterebbe di più se radesse al suolo Kiev. 

Dio non voglia! Prego, letteralmente prego, tutti i giorni che questo non accada e che la guerra termini. Ma è così: un killer sanguinario come può rispettare un killer che si fa degli scrupoli?

Tolte di torno le ipocrisie, ritorniamo al punto.


Verso un mondo fratturato. Una o più parti?

Il liberista Putin ora deve combattere contro il Centro-in-carica del liberismo mondiale. Io ho seri dubbi che possa esistere un sistema liberista multipolare o, più in generale, un sistema-mondo capitalista multipolare. Temporaneamente potrebbe esistere una suddivisione in due o più sistemi-mondo che riferiscono a Centri differenti e collegati in alcuni punti da complicati meccanismi di scambio. Una configurazione non stabile. Ma tenendo in conto che il liberismo è in crisi (in realtà il liberismo è la crisi, nella nostra epoca storica ora agli sgoccioli), la forza degli avvenimenti potrebbe portare su strade inedite. Per quello sto utilizzando per Putin, o meglio per il “Putin collettivo” il termine segnaposto, e tutto da specificare, “a-liberista”.

Eravamo infatti rimasti all'apparente (o reale) contraddizione delle nomine della liberista-occidentale Elvira Nabiulina alla testa della Banca Centrale Russa e contemporaneamente di Sergei Glazyev alla testa del Ministero per l'Integrazione e la Macroeconomia dell'Unione Economica Eurasiatica.

Alcuni giorni fa la Russia ha rimborsato in valuta estera le cedole in scadenza dei suoi bond emessi in dollari. C'è chi ha salutato questo atto come l'inizio di un “rinsavimento” di Mosca (anche qui: Putin è pazzo se lancia i missili sull'Ucraina, ma è rinsavito se paga le cedole in dollari: che logica sublime!). Perché l'allegro stupore? Perché si sapeva che la Russia stava mettendo a punto un meccanismo per pagare i suoi debiti in rubli. D'altra parte però gli scambi euroasiatici utilizzeranno una sorta di Diritti Speciali di Prelievo dinamicamente rivalutati sulla base di un paniere di valute nazionali e di merci, dove Yuan e Rublo avranno un ruolo fondamentale. Un meccanismo squisitamente keynesiano, anzi, una sorta di vendetta postuma del britannico Lord Keynes ad opera di avversari del Regno Unito (la Storia è veramente sorprendente). Chiamiamo questa valuta internazionale “DSPE”, Diritti Speciali di Prelievo Euroasiatici. 

Ora il pagamento in valuta estera delle cedolari e i DSPE sono in contrasto solo se si pensa che il sovvertimento dell'ordine monetario nato dalla II Guerra Mondiale (in realtà già sovvertito una prima volta dal Nixon Shock del 1971) possa avvenire con un colpo di bacchetta magica. No, è l'esito di un processo non breve e non semplice. Non basta nemmeno una guerra come quella in Ucraina. Che infatti dimostra quanto le cose siano complicate. Si pensi solo che la Russia invade l'Ucraina ma non le taglia il gas, così come non taglia il gas ai Paesi europei che inviano armi a Kiev per ammazzare i soldati russi e applicano contro la Russia una sanzione dopo l'altra. La novità è che ora i Paesi europei devono pagare il gas russo in rubli (bastava studiarsi l'andamento della composizione delle riserve e dei pagamenti internazionali nell'ultimo decennio e si capiva che era nell'ordine “naturale” delle cose; curioso che ci siano “esperti” che sono caduti dal pero; viene il dubbio che siano esperti contafagioli in speculazioni di Borsa e alchimie finanziarie e nulla più). C'è poi da prender nota della surreale preoccupazione della Russia che il gioco delle sanzioni e contro-sanzioni possa far schizzare il prezzo del gas in Europa, che è una cosa che andrebbe a tutto vantaggio di Mosca.

Intrecci borderline tra complessità e paradosso. Ma non è una novità. La Cina ha sostenuto il debito pubblico statunitense che serviva a sua volta a sostenere l'apparato militare per minacciare la Cina.

Cose simili avvenivano tra USA e URSS durante la Guerra Fredda.

Se poi si va a vedere il Trecento, come spesso suggerisco, si provino a seguire gli intrecci paradossali tra mercanti-banchieri fiorentini, Corona inglese, Guerra dei Cent'anni e industrie tessili a Firenze e nelle Fiandre, con contorno di Rivolta dei Ciompi ed epidemia di peste. C'è di che istruirsi. Forza! E' l'ora di lezione della Storia.


La denazificazione: limiti concettuali, politici e pratici

Quando la Russia ha invaso l'Ucraina parlando di “denazificazione” si sono letti commenti sguaiati come quello di Norma Rangeri su quel “manifesto” che insiste a definirsi, chissà perché, “quotidiano comunista”. Lasciando perdere le isterie filo imperiali, cerchiamo però di capire qual è il vero problema con la “denazificazione”, posto che i nazisti in Ucraina ci sono veramente, sono criminali, hanno un potere inversamente proporzionale allo scarso consenso popolare, sono infiltrati in punti nevralgici e tengono in scacco i governi di Kiev.

Torniamo a Pinochet. I suoi gorilla stragisti e torturatori erano ciò che più appariva di un sordido scenario dietro il quale manovrava una fetta importante di società cilena che cercava benessere e privilegi collegandosi agli Stati Uniti e che avrebbe accolto poi con favore il primo esperimento mondiale di neo-liberismo, condotto dai Chicago Boys.

Similmente i neo-nazisti sono visti da una parte di società ucraina come un tollerabile ausilio al suo sogno di collegarsi alla UE per dar corso ai propri interessi. La Maidan era piena di persone che sicuramente in buona fede (la difesa dei propri interessi crea la falsa coscienza e quindi la buona fede) volevano entrare nella UE (e anche disfarsi degli oligarchi) mentre intorno il gioco sporco lo facevano i neo-nazisti e i cecchini georgiani e lituani pagati da Washington.

A quanto sembra, per molti ucraini è lecito che il “sogno liberista europeo” sia difeso da personaggi con la svastica la cui fanatica russofobia sovrasta e nasconde una, diciamo così, formale riproposta degli schemi nazisti classici come l'antisemitismo, un odioso omaggio alla tradizione storica ma tutto sommato considerato dalle “persone perbene” residuale o folkloristico (cosa per me incomprensibile, ma sembra che le cose stiano così). Ciò rende tollerabile il neo-nazismo ucraino anche ad ebrei e persino ad ebrei di famiglia russofona come Volodymyr Zelensky (anche se in questo caso io penso che più che altro giochi un mix di codardia e totale mancanza di scrupoli). 

Insomma, se l'infezione razzista erutta come odio anti-russo è semplicemente utile. 

Per quanto ci riguarda, dopo decenni di lavaggio del cervello, per un occidentale se non c'è antisemitismo (o c'è ma è considerato solo una stravaganza) non c'è nemmeno nazismo. Le due cose per lui coincidono, anche se nella realtà storica sono coincise solo per una parte, perché un'altra enorme parte è rappresentata dai 27 milioni di sovietici (tra cui ucraini) uccisi, totalmente spariti dai libri di Storia e dall'immaginario collettivo revisionista e di fatto negazionista occidentale.

Così se un russo parla di “denazificazione” oggi, non può sperare che un occidentale possegga alcuna coordinata culturale o politica per capirlo (magari un “giornale comunista” le dovrebbe avere, ma dipende da chi lo dirige). Per lui sarà денацификация (denazificazione in russo) un semplice suono, o più facilmente una scusa per annettersi l'Ucraina. Fa molto effetto vedere un esponente del PD metropolitano milanese nel 2014 a braccetto con sostenitori attivi del battaglione Azov (all'epoca detestato anche dal NYT e da Amnesty) poi invitati in una sezione del PD dedicata ad un partigiano. E fa molto effetto che a protestare fossero i piddini di una generazione precedente. Infatti questo giovane esponente PD non era un farabutto, era così che lo disegnavano i tempi. Lui era semplicemente un antirusso che, come tutto il suo partito, seguiva le direttive del Dipartimento di Stato e della Nato.

E in Ucraina ho l'impressione che le cose siano simili. Ora, io non so quali sono le demarcazioni etnico-sociali del sogno liberista europeo. Non conosco la composizione di classe dell'Ucraina e il suo intreccio con le etnie e le lingue. Ma ho il timore che nemmeno il Cremlino, imbevuto di liberismo, abbia studiato il problema. O che addirittura se lo sia posto. Eppure è un problema che può mettere in discussione le certezze o le speranze che si basano su “Kiev luogo di nascita della Russia” o su “l'Ucraina piccola Russia” eccetera. Cose storicamente vere (gli Ucraini si definiscono - definivano? - “piccoli Russi” nel significato di “Russi del nucleo centrale”), ma la Storia non è mai ferma e bisogna saper distinguere ciò che varia da ciò che è invariante. Quando sento gli “esperti” che tirano in ballo questi topos (o meglio “topoi”) come se fossero invarianti, un po' sbadiglio. Ma mi preoccupa pensare che li usino al Cremlino. Non sarà per questo che non c'è (ancora) stata quella rivolta interna contro i neo-nazisti che molti osservatori si aspettavano? Me la spettavo anch'io, e infatti mi sono imposto un ripensamento. Ma se l'aspettavano anche al Cremlino o era esclusa dai calcoli? Per adesso è inutile pensare di ottenere una risposta. Possiamo mantenere solo i dubbi.

Per finire, l'a-liberismo russo, se si concretizzerà, potrà competere con un liberismo europeo in crisi e con un'Europa rinchiusa dagli USA in un recinto per essere tosata?

Facendo finta che gli USA e la Nato non intervengano militarmente o con altri golpe e che la Russia non mantenga un'occupazione militare, chi vincerà la battaglia delle idee nell'era post-contemporanea? Chi sarà in grado di esercitare egemonia invece che dominio? L'Ucraina è un buon test per un problema che si porrà per tutto il mondo. Se non verrà spartita, magari con un pezzetto, tipo Leopoli, alla Polonia e un altro all'Ungheria (è stupefacente come le nazioni da “espressioni geografiche” diventino con pazienza “espressioni politiche” per poi ritornare “espressioni geografiche” in men che non si dica, appena qualcuno abbia interesse a sfruttare differenze linguistiche, religiose, culturali, etniche o di qualsiasi altro tipo - e potrebbe succedere anche a noi qualora entrassimo nel mirino di qualcuno).

Quel che possiamo con buona verosimiglianza prevedere e che i sogni dell'Ucraina di essere annessa all'Europa si scontreranno con l'impossibilità dell'Europa di soccorrerla in un qualsiasi modo significativo, presa come sarà a cercare di non annegare. Sostanzialmente sarà lasciata a se stessa. L'ultimo dono che riceverà dall'Europa saranno le armi perché la sua agonia continui ancora a lungo a beneficio del sogno del New American Century.


C'è un nuovo green pass che ora viene imposto. Viene rilasciato se si sta dalla parte della Nato e degli USA. Io quello vaccinale ce l'ho, ma questo non lo posso avere.

Tutti vogliono sapere da che parte uno sta. Immagino che un russo stia dalla parte della Russia (non sempre) e che uno statunitense stia dalla parte degli Stati Uniti (non sempre). E' abbastanza naturale. E' meno naturale per un europeo. Ed è innaturale per un europeo che detesta la logica dei cicli sistemici, che ovviamente nessuno si è inventata e si è imposta nel corso della Storia, ma cionondimeno è totalmente perversa.

Quando due elefanti litigano è l'erba che ne fa le spese. Ecco, i miei figli sono l'erba e io sto dalla parte dell'erba.



giovedì 24 marzo 2022

Dall'Errore Fatale all'Idiozia Fatale.
Ovvero: della sconnessione cognitiva e del rischio di guerra nucleare


di Piotr


Partiamo da due votazioni all'ONU che sono una significativa introduzione al discorso che segue.

24 novembre 2014. 

All'ONU la Russia propone una condanna del nazismo. Ucraina, USA e Canada votano contro. L'Italia (governo Monti) si astiene, assieme alla UE. L'Occidente era coerente: come faccio a condannare il nazismo se in Ucraina devo sostenere Settore Destro, Svoboda e banderisti e nazisti assortiti? Non si può.

18 novembre 2021.

La Terza Commissione dell’ONU approva una risoluzione che vieta la glorificazione del nazismo con 125 voti a favore, 53 astenuti (tra cui l'Italia, governo Draghi) e i voti contrari di Stati Uniti e Ucraina. Stesso copione. Come faccio a votare a favore quando so che devo glorificare i nazisti ucraini del battaglione Azov e del battaglione Donbass assieme ai volontari nazisti provenienti da mezzo mondo? Non si può. 


Durante la prima settimana di guerra, in Russia c'era sconcerto e preoccupazione. Poi la situazione è cambiata. Non a causa di leggi restrittive (che sono giunte dopo - e in Ucraina è anche peggio: 11 partiti di fatto fuorilegge e la TV sotto legge marziale), non a causa di imponenti campagne di PR, di informazione o disinformazione, sia perché i mezzi per attuarle sono in mano occidentale, sia perché i Russi, al contrario degli occidentali, comunque non sono capaci di farle; a parte qualche barlume creativo sono rimasti fermi all'Unione Sovietica, sono grezzi (poco più di un burocratico briefing ministeriale, niente di psicologicamente sofisticato, capacità di marketing politico e di public relations a livelli elementari).

E quindi? E quindi, ed è solo un apparente paradosso, la situazione si è rovesciata grazie alla nostra capacità di manipolazione delle masse e per la precisione grazie alla combinazione di due cose: a) la glorificazione occidentale di forze notoriamente naziste e dedite a crimini di guerra e ad altre violenze, b) una forsennata campagna occidentale d'odio contro tutto ciò che è russo: artisti, musicisti, registi, cantanti, scrittori, lingua, tutto. Una campagna di stampo razzista, che ogni russo sente sulla propria pelle, lo disgusta e gli ha fatto tornare in mente una delle periodiche crociate dell'Occidente contro la “Madre Russia”. 


In sintesi, i Russi si sono trovati alle porte dei nuovi cavalieri teutoni, con la svastica sugli scudi, che premono verso Mosca al grido di “Cancelliamo la Russia!”. Questa è oggi la loro percezione e noi abbiamo fatto di tutto perché l'avessero, dall'Errore Fatale dell'espansione a Est della Nato, denunciato 25 anni fa da George Kennan, all'Idiozia Fatale dell'ubriacatura russofobica corrente. 

Il fatto è che noi ci siamo scordati che i Russi una campagna come questa l'hanno già subita otto decenni fa. Ma loro non lo hanno mai dimenticato, perché non possono dimenticare 27 milioni di morti in quattro anni di guerra. 


Il risultato congiunto di Errore Fatale e Idiozia Fatale è stata una crescita costante del consenso per le scelte, obtorto collo sempre più radicali, del Cremlino (così come lucidamente previsto da Kennan nel 1997). Se prima c'erano possibilità modeste di minare la base di consenso per Putin, in questo momento sono pari a zero.


Putin arringa la folla



Se il liberista Putin che voleva entrare nella UE e nella Nato si alienava una grande fetta della società russa (il Partito Comunista Russo è ampiamente il primo partito d'opposizione, non, come ci vogliono far credere, quella sorta di minuscola filiale del Dipartimento di Stato americano che è “Russia del Futuro” di Navalny - esempio di sconnessione cognitiva occidentale), attorno all'a-liberista Putin (non so come altro definirlo), attorno al Putin non solo non ammesso al club occidentale ma odiato perché ha ridato alla Russia dignità nazionale e un inizio di benessere (sulla cui distribuzione c'è molto da discutere e da eccepire), attorno al Putin che pensava di potere fare gli interessi (liberisti) della Russia mettendosi con l'Occidente e poi si è trovato costretto dall'Occidente a doverli fare contro di esso (cosa che qualifica questo scontro come un classico conflitto mondiale da crisi sistemica capitalista, dove non c'è nessun "valore" in gioco, ma solo "interessi"), ebbene attorno a questo Putin si è ricucito e compattato quel consenso che si è potuto toccare palmarmente nel recente grande show cremlinesco allo stadio di Mosca davanti a centomila persone che lo acclamavano, in occasione dell'ottavo anniversario della riunificazione della Crimea alla Federazione Russa.


[Appunti per un altro post.

Sapere se tale consenso, in questa o altre forme, durerà o meno è tutto da scoprire. Dipende dall'andamento della guerra, dipende dalle sanzioni e da come verranno assorbite e ciò a sua volta dipende da cosa vuol dire quel termine “a-liberista” che per ora ho usato come segnaposto. Esemplifico: Putin ha appena confermato Elvira Nabiulina, una liberista e “integrazionista atlantica”, a capo della Banca Centrale Russa nonostante siano in corso feroci polemiche sul fatto che la Nabiulina abbia lasciato gran parte delle riserve valutarie russe in Occidente (che se le è ovviamente inquattate, come è d'uso fare), cosa che per qualcuno è una sorta di “tradimento”. Ma contemporaneamente ha anche nominato Sergei Glazyev (che se non ricordo male era già oggetto di sanzioni occidentali ad personam e sembrava sparito dai radar) come Ministero per l'Integrazione e la Macroeconomia dell'Unione Economica Eurasiatica. Due atti che sembrano in diretta contraddizione. Ma è proprio così? Interesseranno ancora, e dove, le riserve valutarie in dollari ed euro? Interesserà ancora, e dove, fare o non fare default? Certo interessa ai nostri “esperti” ma bisogna vedere se interesserà nella nuova configurazione del sistema-mondo in quella che ho deciso di chiamare “era post-contemporanea” (se c'è il “metaverso” ci può essere anche un'epoca “post-contemporanea”, no?), che segue quell'era contemporanea che nella mia personale periodizzazione inizia con la vittoria dei Nordisti nella Guerra Civile Americana.

Se saremo ancora vivi ne riparleremo. Se non saremo più vivi vuol dire che era anche inutile parlarne, tanto non potevo fare nulla per convincere qualcuno a fermare la corsa verso l'abisso.

Fine degli appunti]


Tornando a noi, viene il forte sospetto che in Russia lascino vedere tutti i media occidentali proprio per ottenere questi risultati. Perché noi in realtà la Russia e i Russi non li conosciamo e suppliamo alla nostra ignoranza con una overdose di arroganza, siamo convinti che tutti i popoli del mondo pensino come noi e che se non pensano come noi devono con le buone o le cattive pensare come noi. Questo è parte integrante della sindrome da sconnessione cognitiva. A dire il vero, il vecchio impero britannico era molto attento a rimanere in contatto con la realtà (per piegarla efficacemente ai suoi voleri). Il fenomeno della sconnessione cognitiva ha preso piede in Occidente con l'impero americano e con un andamento esponenziale. E' una questione di condizioni storiche frammiste a forme mentali che orientativamente definirei “disorganizzate”, non sistemiche. Un intreccio complesso di cui qui non parlerò.


Dicevo “lo stadio di Mosca”. Ma Putin non doveva essere in un bunker segreto in Siberia perché i carri armati di Kiev stavano assediando il Cremlino e gli 007 dissidenti assieme a ricconi e oligarchi inviperiti per le sanzioni gli davano la caccia per eliminarlo? No, stava facendo un bagno di folla. Ma i nostri media non hanno perso l'occasione di dar sfogo alla loro ormai irrefrenabile voglia di raccontare frottole: per loro tutte quelle persone erano “ovviamente pagate”. Questa è ovviamente una balla o una pia illusione (e disprezzo per il proprio pubblico). Ora, il punto è che credere alle proprie bugie aumenta, appunto, la sconnessione cognitiva, cioè la difficoltà di interpretare correttamente la realtà e quindi di incidere su di essa. Come se io pensassi di sconfiggere sul ring un pugile di 100 chili ripetendomi come un mantra “tanto è un pallone gonfiato”. Sai come va a finire! Ma questi sarebbero fatti miei. E' invece criminale se la sconnessione cognitiva rischia di mettere a repentaglio la vita sulla Terra. 

Chi infatti in preda alla sconnessione cognitiva era troppo occupato a tentare di denigrare l'evento cremlinesco come una messinscena, non poteva capire la rilevanza di quel che diceva Putin. Gli sarà sfuggito ad esempio questo passaggio: 

«L'obiettivo principale e la ragione dell'operazione militare che abbiamo lanciato nel Donbass e in Ucraina è alleviare queste persone dalla sofferenza, da questo genocidio. A questo punto, voglio ricordare le parole delle Sacre Scritture: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.» 


Sapete cos'è questa? È né più né meno che la proclamazione di una “Grande Guerra Patriottica” come quella con cui l'unione Sovietica sconfisse la Germania nazista. 

A chi non sa mai a che ora è la lezione della Storia, ricordo che durante la Grande Guerra Patriottica, Stalin mise di lato l'ideologia socialista, tirò fuori le icone sacre, e coinvolse i pope. Perché una Grande Guerra Patriottica è per la Russia una guerra per la sopravvivenza da combattere fino all'ultimo respiro da parte di tutti indistintamente. Lì non si moriva per Stalin ma per la Madre Russia. 

Se non si capisce questo si va incontro al disastro. 

Putin da anni ripeteva all'Occidente: “Fermatevi! Negoziamo! Noi non abbiamo più lo spazio per arretrare, nemmeno se lo volessimo. Attenzione che i Russi hanno molta paura della guerra, ma sono pronti a combatterla”.


La battaglia di Stalingrado




E così è stato. E se non fossi un credente mi verrebbe in bocca una bestemmia. Perché sto pensando a tutta la gente che muore e che soffre e a quella che soffrirà e morirà.

A questo punto è indispensabile che l'Occidente capisca che non può vincere contro chi combatte una guerra che è percepita come lotta per la sopravvivenza e che combatterà fino all'ultima goccia di sangue. È necessario che l'Occidente capisca che se i Russi hanno attaccato con uno svantaggio di 1 a 3 (o addirittura 1 a 6) invece che con un vantaggio di 3 a 1 o di 5 a 1 come prescrivono i manuali di guerra, è perché il grosso dell'esercito russo, cioè i 3 milioni e 300 mila soldati che non sono andati in Ucraina assieme ai loro 100mila commilitoni, è in patria ad aspettare un attacco della NATO. E se lo aspetta vuol dire che pensa che possa accadere di tutto. E può accadere di tutto perché come ha dichiarato Putin ai Russi non interessa un mondo senza la Russia. Non occorre essere scienziati politici per capire cosa vuol dire.

Durante la Seconda Guerra mondiale, i nazisti hanno imparato a carissimo prezzo, a partire da Stalingrado, la differenza tra una guerra di conquista (la loro) e una guerra di sopravvivenza (quella sovietica). 

Si dice che al contrario speculare dei Russi, gli occidentali non hanno paura della guerra, ma non sono pronti a farla. E si noti un'altra cosa: a differenza della Russia, gli Stati Uniti non hanno mai combattuto una guerra per la propria sopravvivenza. E' una differenza storica, psicologica e culturale, prima ancora che politica, fondamentale.


La Storia ha insegnato che una guerra fatta a 10.000 chilometri di distanza (Afghanistan, Corea, Iraq, Vietnam) prima o poi si perde, non per la lontananza fisica, ma per la “lontananza morale”, anche se si tenta di convincere con mille mezzi e in mille modi diversi che la sicurezza della propria casa è situata a 10.000 chilometri di distanza. Al contrario, una guerra combattuta davanti a casa, prima o poi la si vince. Oppure la casa crolla, ma con tutti i Filistei dentro. 

Speriamo quindi che gli Occidentali non siano veramente pronti a fare la guerra. Perché in Russia ci aspettano, siamo riusciti a disgustarli, e a deluderli, come peggio non potevamo. 

Brecht diceva che rapinare una banca era un crimine, ma che fondare una banca era un crimine ben maggiore. Allo stesso modo, iniziare una guerra è un crimine, ma provocarla ostinatamente e scientemente è un crimine più grande. 

Rischiare di trasformarla in una guerra nucleare è un crimine che non ha fine e non ha perdono.


I POPOLI AFRICANI CONTRO L'IMPERIALISMO 3. AMILCARE CABRAL Amilcar Cabral è l’ultimo intellettuale rivoluzionario africano di questo tri...

più letti