DICHIARAZIONE DI VOTO
Cari amici e compagni
Il 25 settembre, che casualmente è anche la data del mio 75° compleanno, ammesso e non concesso che l’infame dispositivo che obbliga le poche forze realmente di opposizione a raccogliere le forme in tempi ridicolmente brevi, voterò per il PC di Rizzo. Scelta scontata, penseranno alcuni, visto che a quel partito sono iscritto e che negli ultimi uno/due anni l’ho sostenuto in varie occasioni, anche accettando di candidarmi alle recenti elezioni comunali di Milano. Invece la scelta non è affatto scontata per i motivi che cerco di spiegare qui di seguito.
In primo luogo perché sulla scheda elettorale non troverò il simbolo di quel partito ma un per me indigesto simbolo in cui non vedo né una falce e martello né la parola comunista, e nemmeno la parola socialista, rimpiazzata dall’aggettivo popolare che sta sotto le parole Italia e sovrana. Chiarisco che non è il riferimento alla sovranità nazionale a imbarazzarmi: è dai tempi in cui assieme ad altri amici avevo fondato il gruppo Nuova Direzione che vengo sistematicamente accusato di rossobrunismo per cui ci ho fatto il callo. Il punto è che quell’esperienza, che mi ha consentito di conoscere dall’interno la galassia dei gruppuscoli del sovranismo di sinistra e dalla quale mi sono dissociato quando ho capito l’impossibilità di spostarla su posizioni coerentemente socialiste, fa sì che consideri ingiustificata la rinuncia a una chiara connotazione socialcomunista per mettere in piedi un’alleanza con quindici (15!) gruppi non tutti – per usare un eufemismo - di specchiata connotazione anticapitalista.
Certo ci sono situazioni in cui la tattica suggerisce l’opportunità di fare compromessi, ma questa è davvero una di quelle? E ancora: siamo sicuri che il gioco valga la candela? Non sono mai stato astensionista di principio, ma ammesso e non concesso (sbaglierò, ma temo che i 15 raggruppamenti di cui sopra non rappresentino un consistente bacino potenziale di voti, né un’ampia parte di opinione pubblica) che il compromesso ci consenta di piazzare uno o due rappresentanti in questo parlamento ridotto a un simulacro privo di potere decisionale, e persino del ruolo di cassa di risonanza di opinioni diverse dal pensiero unico neoliberale, quale potrà essere il loro contributo alla lotta contro il sistema? Non sarebbe stato meglio mantenere una chiara identità e sfruttare la tribuna elettorale per fare agitazione e propaganda onde raccogliere nuove adesioni al partito? Invece, e questa è l’altra nota dolente per chi come il sottoscritto si sta spendendo con gli amici di Cumpanis per creare le condizioni di un processo unitario dei tanti comunisti italiani rimasti senza un’organizzazione in cui riconoscersi, la strada che si è scelta è costata l’allontanamento di tanti bravi militanti, il che rende ancora più problematici e lontani l’obiettivo dell’unità e il momento in cui le classi subalterne italiane potranno tornare a contare sulla guida di un vero partito di classe.
Torniamo al dubbio: ne valeva davvero la pena? Il grado di marcescenza del sistema politico italiano ha raggiunto livelli tali che nessun’altra democrazia parlamentare borghese può esibire. Non penso solo all’immondo balletto orchestrato da Letta e soci per mettere in piedi un pastrocchio di centro, non per contendere la vittoria (scontata) alla destra, ma per sedersi al tavolo dei vincitori e collaborare con loro nel mettere a punto gli strumenti per rendere questo Paese ancora più povero e servo di Washington e Bruxelles; penso anche al miserando spettacolo offertoci dalle “sinistre”: Fratoianni e Bonelli, prima disposti a mettersi a novanta gradi accettando i veti di Calenda pur di restare attaccati al carro di Letta, poi col cappello in mano a pietire un accordo con l’M5S, il neo arcobaleno messo in piedi dalla mummia di Rifondazione, PAP e De Magistris, una vetrina delle varie versioni di sinistrese politicamente corretto, con posizioni sfumate sull’Unione Europea e genericamente pacifiste sulla guerra scatenata dalla NATO (che si appresta ad aprire un secondo fronte nel Mar della Cina), per cui mi chiedo che fine abbiano fatto gli amici della Rete dei Comunisti: anche loro intenti a tessere compromessi tattici alla Tafazzi? Sorvolo infine sul gruppo parlamentare di Alternativa convolato a giuste nozze con il fascio leghista Paragone.
Di fronte a questa marea di merda, è venuto il momento di prendere atto che gli appelli all’unità per la Costituzione lasciano il tempo che trovano. La carta nata dalla Resistenza è morta e sepolta da decenni di “riforme” che l’hanno irreversibilmente snaturata. Viviamo un terribile passaggio d’epoca in cui la crisi, prima ancora di avere assorbito gli effetti della pandemia, è destinata a divenire ancora più tragica in conseguenza della guerra; è iniziato lo scontro finale fra imperialismi occidentali (con l’Europa al carro degli Usa) e resto del mondo (Paesi socialisti più tutti quelli non disposti a inchinarsi ai diktat dell’Occidente); si annuncia un futuro di miseria e conflitti feroci. Tempi in cui occorrerebbe accelerare la costruzione del partito per far fronte alla guerra imperialista e trasformarla in guerra di classe piuttosto che perdere tempo in giochetti elettorali (si partecipi pure ma al solo scopo di fare propaganda). Quanto alla Costituzione, se esistesse un vero partito dovrebbe rivendicare la convocazione di una nuova Assemblea Costituente che liquidi un sistema politico costruito per impedire al popolo di esprimere la propria volontà: rafforzare i vincoli alla proprietà privata per garantire la piena occupazione e condizioni di vita e di lavoro dignitose; abolire le regioni che invece di avvicinare i cittadini al potere espropriano lo Stato del potere decisionale su questioni vitali e fungono da collettori di interessi lobbistici e mafiosi; regolare il sistema dei media per renderlo pluralista e aperto a tutte le opinioni; dettare leggi elettorali che consentano una effettiva rappresentanza dei soggetti sociali; reintrodurre l’obbligo del servizio militare per cittadini e cittadine, perché solo un esercito popolare può difendere la Repubblica dai nemici interni ed esterni.
Per concludere: voterò comunque per il PC di Rizzo, ancorché camuffato dietro quel brutto simbolo elettorale, non tanto perché sono iscritto al partito, ma perché è l’unico ad avere posizioni chiare sulla NATO, sull’Europa, sulla Cina e sulla guerra, e scusate se è poco. Dopodiché, passata l’ennesima dispersione di energie per partecipare a elezioni truccate, spero di poter contribuire a una seria discussione sui temi strategici.